Quand’è che ho gridato: “Voglio tornare a casa?”
Si, ricordo, anche se sono passati ormai degli anni, tanti
anni. Una vita fa. Non ricordo tanto l’ambiente, a parte che era notte e le
stelle bucavano di luce il blu. E una finestra sul cielo, e la mia voce che di
colpo tremava mentre dal cuore spaccato saliva questo canto implorante: “Voglio
tornare a casa!”
I singhiozzi come tante preghiere. E’ questa la preghiera
del cuore? Col senno di poi, riconosco in quelle lacrime l’acqua della grazia
che scorre in noi, nel profondo, dal momento in cui riceviamo la vita vera, non
quella data dalla madre e dal padre, ma la vita dei figli di Dio. Con ogni
dovuto rispetto per i genitori.
In quella notte, con la libertà di figlia di Dio, la mia
anima aspirava a ricollegarmi alla fonte originaria. La mia anima gridava: PADRE!
Posso dire che è iniziato tutto con quel grido? Non
saprei. So però che mi si è stampato sulla
carne e ancora mi parla e mi interroga.
Poco prima di partire, ho visitato un impianto di
potabilizzazione. Già, perché l’acqua che viene giù dal cielo, toccando la
nostra povera terra, si sporca. Mi fa pensare ad un altro dono che scende dal
cielo e che toccando la nostra povera umanità, perde la purezza.
Ho dato inizio al mio processo di potabilizzazione.
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