martedì 6 maggio 2014

La laguna

Il mio viaggio continua. Ora la strada si apre su un paesaggio solitario.
La vecchia porta cigola e sbatte al ritmo degli sbuffi di un maestrale capriccioso. Una predellina di legno marcito dall'acqua si allunga, tremolante, verso un fondo verdastro di alghe ammorbidite dalla putrefazione.
Da questa postazione guardo la laguna.


La luce vespertina esplora con pudore questo angolo di mondo desolato e misterioso, dimenticato in disordine come una casa abbandonata in gran fretta. Da qui i pescatori hanno traslocato, ma la vita no. Muggini fulminei trapassano lo specchio d'acqua stropicciato dal vento e al culmine di un arco immaginario sostano per un attimo, sfiorati da uccelli dal volo radente, per rientrare con un lieve tonfo nell’universo liquido.
Questo silenzio ha un potere calmante. La natura riposa.
A parte qualche animale inselvatichito che la fa da padrone. Mi sento loro ospite.
Due gatti sbucati dal nulla mi fissano con curiosità mista a diffidenza. Il più piccolo emette un miagolio appena percettibile dall'alto di una catapecchia. Mi chiedo come sia potuto arrivare fin lassù, non vedo appigli. Mi avvicino per cercare un contatto, un dialogo senza parole che lui, dopo aver annusato la mia mano protesa verso l’alto, rifiuta con dignità ritornando al centro del tetto, dove nessuno può disturbarlo. Ma non rinuncia alla sua voglia di protestare contro una fame che le sue piccole ossa sporgenti denunciano senza pietà.
Il gatto adulto pare ben nutrito. Ha persino il pelo lucido, in netto contrasto con l'assoluta sporcizia del luogo. Me lo ritrovo all'improvviso in mezzo alle gambe con la coda sollevata come un'antenna, la schiena inarcata a richiamare una carezza, pronto ad elargire tanta bellezza a qualcuno disposto ad apprezzarla. Apprezzo.

Dal nulla compare un cucciolo di cane, frutto di incroci, anche se in lui è ancora perfettamente riconoscibile la razza di qualche antenato pastore tedesco. Colore nero, qualche tocco di miele nelle zampe robuste, nelle orecchie vigili, nella pancia probabilmente vuota. Mi guarda con occhi amichevoli. Chissà perché, penso che non sappia abbaiare. Forse per il suo modo così espressivo di fissare. Senza smettere di studiarmi, con una zampa batte la terra, come a voler scavare. Capisco che mi sta chiamando. Lascio il gatto alla sua vanità e percorro i pochi passi che mi separano dal nuovo incontro. Lui china un po’ la testa, in segno di sottomissione. No, gli dico mentalmente, non devi aver paura. So che mi sente. Capisco che con lui potrò instaurare quel dialogo primitivo che mi porto dentro, e con una danza segreta fatta di sguardi e lievi cenni ci racconteremo le rispettive vite.
La tua zampa posteriore storta e leggermente piegata all'indentro mi parla di un incidente non ancora superato.
Il tuo muso sulle mie ginocchia mi dice che hai bisogno di dolcezza, il tuo scodinzolare energico mi racconta il tuo bisogno di carezze. Somigli a quel gattino lassù, desideroso e timoroso al tempo stesso delle attenzioni di una razza, la mia, che spero non ti abbia ancora deluso.
Vorrei leggere nei tuoi pensieri, che sento ancora puri e fiduciosi nonostante la tua vita dura e solitaria. Mi mordicchi lievemente i pantaloni. Non so se vuoi giocare o se cerchi qualcosa da mangiare. Probabilmente tutt'e due. Dovrebbe essere così anche per noi, vita e gioco, uniti nella gioia, senza prendersi mai troppo sul serio, neanche quando la lotta diventa più dura, neanche quando la vita ti chiede impegno e fatica, e cadi, e ti rompi una zampa. Ma ti rialzi e riprendi a giocare. Come te. 
Il maestrale aumenta, senti? Dimenticavo, tu hai la pelliccia. Io non ho che una leggera maglia e comincio ad avere brividi. Cala la sera su questa laguna silenziosa e brulicante di vita sotterranea. Non ha l'odore eccitante del mare, al contrario. Lieve e discreto, sa un poco di vita e un poco di tristezza. Tutto sommato, mi piace.

Un morso più deciso alla gamba mi richiama a te. Vorrei portarti via da qui, ma non posso. Ma tu hai già capito che ora sparirò e mi guardi con un certo disappunto. Verrò a trovarti. Promesso. Mi avvio lentamente. Mi giro ancora e ti vedo là, immobile, accovacciato sulle zampe posteriori. Mi fissi perplesso. Faccio un ultimo cenno di saluto. Tu guardi dall'altra parte, verso le baracche disabitate. Sento di averti deluso. Non avrei voluto. Ciao, laguna solitaria. Ciao amico silenzioso. A presto.


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