Il mio viaggio continua. Ora la strada si apre su
un paesaggio solitario.
La vecchia porta cigola e sbatte al ritmo degli
sbuffi di un maestrale capriccioso. Una predellina di legno marcito dall'acqua
si allunga, tremolante, verso un fondo verdastro di alghe ammorbidite dalla
putrefazione.
Da questa postazione guardo la laguna.
La luce vespertina esplora con pudore questo angolo
di mondo desolato e misterioso, dimenticato in disordine come una casa
abbandonata in gran fretta. Da qui i pescatori hanno traslocato, ma la vita no.
Muggini fulminei trapassano lo specchio d'acqua stropicciato dal vento e al
culmine di un arco immaginario sostano per un attimo, sfiorati da uccelli dal
volo radente, per rientrare con un lieve tonfo nell’universo liquido.
Questo silenzio ha un potere calmante. La natura
riposa.
A parte qualche animale inselvatichito che la fa da
padrone. Mi sento loro ospite.
Due gatti sbucati dal nulla mi fissano con
curiosità mista a diffidenza. Il più piccolo emette un miagolio appena
percettibile dall'alto di una catapecchia. Mi chiedo come sia potuto arrivare
fin lassù, non vedo appigli. Mi avvicino per cercare un contatto, un dialogo
senza parole che lui, dopo aver annusato la mia mano protesa verso l’alto,
rifiuta con dignità ritornando al centro del tetto, dove nessuno può disturbarlo.
Ma non rinuncia alla sua voglia di protestare contro una fame che le sue piccole
ossa sporgenti denunciano senza pietà.
Il gatto adulto pare ben nutrito. Ha persino il
pelo lucido, in netto contrasto con l'assoluta sporcizia del luogo. Me lo
ritrovo all'improvviso in mezzo alle gambe con la coda sollevata come
un'antenna, la schiena inarcata a richiamare una carezza, pronto ad elargire
tanta bellezza a qualcuno disposto ad apprezzarla. Apprezzo.
Dal nulla compare un cucciolo di cane, frutto di
incroci, anche se in lui è ancora perfettamente riconoscibile la razza di
qualche antenato pastore tedesco. Colore nero, qualche tocco di miele nelle
zampe robuste, nelle orecchie vigili, nella pancia probabilmente vuota. Mi
guarda con occhi amichevoli. Chissà perché, penso che non sappia abbaiare.
Forse per il suo modo così espressivo di fissare. Senza smettere di studiarmi,
con una zampa batte la terra, come a voler scavare. Capisco che mi sta
chiamando. Lascio il gatto alla sua vanità e percorro i pochi passi che mi
separano dal nuovo incontro. Lui china un po’ la testa, in segno di
sottomissione. No, gli dico mentalmente, non devi aver paura. So che mi sente.
Capisco che con lui potrò instaurare quel dialogo primitivo che mi porto dentro,
e con una danza segreta fatta di sguardi e lievi cenni ci racconteremo le
rispettive vite.
La tua zampa posteriore storta e leggermente
piegata all'indentro mi parla di un incidente non ancora superato.
Il tuo muso sulle mie ginocchia mi dice che hai
bisogno di dolcezza, il tuo scodinzolare energico mi racconta il tuo bisogno di
carezze. Somigli a quel gattino lassù, desideroso e timoroso al tempo stesso delle
attenzioni di una razza, la mia, che spero non ti abbia ancora deluso.
Vorrei leggere nei tuoi pensieri, che sento ancora
puri e fiduciosi nonostante la tua vita dura e solitaria. Mi mordicchi lievemente
i pantaloni. Non so se vuoi giocare o se cerchi qualcosa da mangiare.
Probabilmente tutt'e due. Dovrebbe essere così anche per noi, vita e gioco, uniti
nella gioia, senza prendersi mai troppo sul serio, neanche quando la lotta
diventa più dura, neanche quando la vita ti chiede impegno e fatica, e cadi, e ti
rompi una zampa. Ma ti rialzi e riprendi a giocare. Come te.
Il maestrale aumenta, senti? Dimenticavo, tu hai la
pelliccia. Io non ho che una leggera maglia e comincio ad avere brividi. Cala la
sera su questa laguna silenziosa e brulicante di vita sotterranea. Non ha
l'odore eccitante del mare, al contrario. Lieve e discreto, sa un poco di vita
e un poco di tristezza. Tutto sommato, mi piace.
Un morso più deciso alla gamba mi richiama a te. Vorrei
portarti via da qui, ma non posso. Ma tu hai già capito che ora sparirò e mi
guardi con un certo disappunto. Verrò a trovarti. Promesso. Mi avvio
lentamente. Mi giro ancora e ti vedo là, immobile, accovacciato sulle zampe
posteriori. Mi fissi perplesso. Faccio un ultimo cenno di saluto. Tu guardi dall'altra
parte, verso le baracche disabitate. Sento di averti deluso. Non avrei voluto.
Ciao, laguna solitaria. Ciao amico silenzioso. A presto.
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