Ti hanno trovata così, crocifissa sotto un cavalcavia. Si dev'essere incatenato in segno di
protesta, ha pensato qualcuno da lontano nel vedere la tua ombra indistinta.
In realtà le tue proteste nessuno le aveva ascoltate e la tua anima è fuggita
velocemente lasciandosi indietro un corpo martoriato dal male che non ha perché.
Faccio fatica ad immaginarti imprigionata in quel tempio di carne
umiliata. Fragile, infreddolita da un lungo viaggio tra i flutti gelidi e
sconosciuti di un pianeta dimenticato, non da Dio: dall’uomo.
Mi chiamo come volete che mi
chiami e sono quella che volete che io sia, ma non sono una bambola di pezza. Sono
tempio di Dio.
Mi è giunto l’eco del tuo grido, un messaggio lanciato dentro la notte
della ragione umana.
Eppure anche nella notte più nera sopravvive una piccola luce che non
si spegne mai. Una luce che non acceca, perché è discreta e attende di essere
guardata. La luce della coscienza. Ha una voce delicata. Con soffio caldo
sussurra poche parole, quelle giuste. Parole di libertà.
Ascoltiamola.
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