Riflettevo sul
significato della relazione tra gli uomini. Del bisogno che ogni essere umano
ha dell’altro – lo si riconosca o meno – di relazionarsi con un “tu” per
scoprire e costruire se stesso. Ma perché ci sia davvero uno scambio, e
affinché questo scambio avvenga in una ricerca onesta della verità, è necessario
riconoscere anche il bisogno di un intermediario. Una terza presenza che si faccia
garante della reciprocità tra i due.
Pierangelo
Sequeri, teologo e musicista, parla del “principio del terzo”, per cui il rapporto
senza mediazioni o intermediari è sempre presuntuoso, perché cancella il
mistero dell’altro: l’altro che è Dio, l’altro che è l’uomo, e finisce per
rendere falsa o solo apparente la relazione. In una relazione onesta, tesa ad una crescita matura, Dio rimanda all’uomo e l’uomo rimanda a Dio. Chi cerca d'incontrare Dio senza accogliere l'uomo vive una relazione falsa con Dio. Allo stesso modo, chi cerca di incontrare l'altro senza la mediazione di Dio, non potrà accedere ad una relazione veramente aperta e accogliente, improntata al rispetto e all'amore disinteressato.
A questo punto ho preso coscienza che, in un tempo relativamente breve e senza troppi sforzi, nella
nostra società si è passati dal numero tre al numero due.
Dio è morto, come
recitava la canzone di Francesco Guccini: “È un Dio che è
morto / ai bordi delle strade,
Dio è morto / nelle auto prese a rate, Dio è morto / nei miti
dell'estate, Dio è morto.”
Ma Dio non è morto
di malattia o per anzianità. In realtà l’abbiamo ucciso. E continuiamo a predicarlo morto.
Dopo il funerale,
è stato davvero veloce e naturale passare dal numero due al numero uno. All’individualismo.
All’egoismo. Al mondo unicellulare. Chiusi nelle nostre cellule, anzi, nelle
nostre celle, a breve aspireremo a riprodurci da noi stessi, come le amebe.
La relazione muore
con Dio. E con Lui muore l’Uomo. Ogni uomo. Siamo allo zero.
Da questo conto
alla rovescia sopravvive soltanto una cellula cieca e informe. Che ha dimenticato
persino la sua identità. Non più padre o madre. Uomo o donna. Solo una cellula
cieca e aggressiva che si nutre dei suoi stessi umori.
Ma ogni cellula,
anche se autoreferente, si muove immersa in un organismo che vive e continuerà
a vivere, nonostante tutto. E chi è rimasto indietro, fermo al numero tre, sa
bene che la morte è stata vinta per sempre. Da duemila anni. Per tutti.
Perché, come dice
Guccini: “…noi tutti ormai
sappiamo che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge / in ciò che noi crediamo Dio è
risorto / in ciò che noi vogliamo Dio è risorto / nel mondo che faremo Dio è
risorto...”
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