La strada non è quella che porta a casa. Porta lontano. In direzione
opposta. Tutta la vita di prima è rimasta dietro una fila interminabile di
piedi in marcia, piedi che hanno calpestato stive arrugginite e soffocanti,
stipate di corpi umani accatastati come merce di scarto. Piedi che hanno
attraversato mari in burrasca, approdando in terre troppo spesso inospitali. La
guerra, il terrorismo, la fame, la ricerca di una vita degna di un essere umano,
sono ragioni che per alcuni non bastano a giustificare una fuga precipitosa. Non
sono sufficienti per invadere le terre altrui. Ho davanti agli occhi le
immagini di questa marcia triste, tanto triste da spezzare il cuore. Una giovane
mamma cammina tenendo per mano i suoi due bambini, anche loro con un fagottino
sulle spalle. Due paia di piccoli piedi che percorrono a fatica strade
sconosciute e ostili. Vedo lo sguardo della bimba, non avrà che sette-otto
anni, scorrere lento sul filo spinato che delimita il confine tra ciò che è
giusto e ciò che è sbagliato. Tra chi ha ancora il diritto di vivere e chi non
ce l’ha più. I suoi occhi cercano lungo il cammino una risposta. Qualcuno può
dargliela?
Nessun commento:
Posta un commento