sabato 31 maggio 2014
venerdì 30 maggio 2014
Recuperando sogni
Oggi la mia strada passa attraverso Castello, il quartiere alto e
antico della mia città. Stradine strette e affollate di vento, scorci di un azzurro
polarizzato solcate da sbuffi di nuvole di cotone e d’improvviso, quando meno
te l’aspetti, girato l’angolo si spalanca il paesaggio, il mare, il porto con
le navi ormeggiate, la laguna ricamata dai voli dei fenicotteri, ombre di colli
in lontananza, il tramonto dai colori indescrivibili, la vita che ti invade tutta
d’un colpo dalle porte degli occhi, lasciandoti senza fiato.
Inserito in questa cornice, un quadro, che in realtà è una storia. La
storia di una donna dal nome fiorito e benedetto che ha scelto di raccontare piccole
storie, in apparenza insignificanti, perché riguardano oggetti dimenticati.
Anzi, abbandonati. Dentro i cassonetti della spazzatura. Oggetti per i quali
qualcuno aveva decretato la fine, una fine ingloriosa e silenziosa.
Fino al momento in cui occhi addestrati dalla speranza, attenti a
cogliere il bello anche là dove ormai è scomparso, o non c’è mai stato, hanno carezzato vecchi legni scorticati,
tavolini dalle gambe tremolanti, scaffali zoppi, comodini troppo tristi e deboli
per scacciare la solitudine della notte. Ed è nata l’idea del recupero, anzi,
della riabilitazione.
Da questo sentimento di tenerezza, misto forse ad entusiasmo e un
briciolo di paziente follia, è nata una mostra. Il tema dei fiori, declinato
nei vari colori e nelle varie forme, ma sempre con estremo gusto e delicatezza,
ha sottolineato, quasi come una firma, ogni lavoro di restauro.
E poi, particolare degno di nota, ogni mobile, ogni sedia, ogni
tavolino o scaffale, aveva davanti a se un biglietto di presentazione, col nome
di chi aveva reso possibile, grazie alla sua segnalazione, quella rinascita.
Un senso di delicata bellezza è quanto mi porto dentro da questo
viaggio nel passato che risuscita a nuova vita e si fa presente.
Oggi ho potuto carezzare con lo
sguardo i sogni resi reali da mani sapienti e da un cuore pieno di amore.
Si, perché anche attraverso un semplice mobile recuperato da un
cassonetto e restituito all’ammirazione, può passare un messaggio profondo e
coraggioso. Un messaggio di speranza dentro una bottiglia gettata nel
mare della nostra indifferenza. Grazie Rosa Maria.
giovedì 29 maggio 2014
Suono di campane
Il vento porta un suono di campane, un rincorrere festoso di cascatelle
di note. Richiamo dell’anima. Una voce che parla dritta allo spirito. Mi chiedo
perché. Perché questa voce riesce a parlarmi così? Irresistibile forza che mi
porta lontano da me. In un altrove che non so…
Dal libro dell’Esodo
Fecero sonagli d'oro puro e
collocarono i sonagli in mezzo alle melagrane, intorno all'orlo del manto: un
sonaglio e una melagrana, un sonaglio e una melagrana lungo tutto il giro del
lembo del manto, per l'esercizio del ministero, come il Signore aveva ordinato
a Mosè.
Un sonaglio e una melagrana.
Dal Deuteronomio
Osserva i comandi del Signore tuo
Dio camminando nelle sue vie e temendolo; perché il Signore tuo
Dio sta per farti entrare in un paese fertile: paese di torrenti, di fonti e di
acque sotterranee che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; paese
di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni.
La Bellezza si veste di povere cose per risplendere tanto…
lunedì 26 maggio 2014
Il cuore è una strada
Il cuore è una strada dove passano molte cose, alcune buone, tante
altre no. Le strade del mondo pullulano di falsi profeti, pronti a promettere
che con poco sforzo saremo in grado di raggiungere ogni soddisfazione e trovare
la felicità. Magari perdendoci nel buio. Ma questo è un particolare secondario.
Soprattutto, neppure degno di essere preso in considerazione.
Ogni giorno, piaccia o meno, consapevoli o no, ci si ritrova a
scegliere.
Il cuore è una strada dove passano molte cose ma dove, tanto tempo fa,
Qualcuno ha posto dei cartelli ad indicare la Via. Ce n’è uno, però, che
risulta davvero difficile decifrare perché si trova molto in basso e il tempo e
l’incuria ne hanno sbiadito le lettere.
Qualche tempo fa, ho incontrato una Persona che me ne ha rivelato il
senso. Ho scoperto che il cartello più insignificante è quello, tra tutti, che
indica la via più sicura, anche se è una strada impervia e faticosa perché è
stata tracciata tra le spine e le rocce aguzze. Una via che può essere percorsa
soltanto con gli occhi rivolti ai propri passi. Ma che conduce in un
luogo di gioia e di pace profonda.
Sul cartello è scritta una sola parola: UMILTA’.
mercoledì 21 maggio 2014
La balena Cecilia e l'icona
Tra le pieghe della vita quotidiana si nascondono momenti cruciali che possono aiutarci a scoprire delle cose importanti per il nostro cammino. Ma cosa possono avere in comune una balena di nome Cecilia e un'icona sacra?
Apparentemente nulla.
Apparentemente nulla.
Le ho incontrate quasi contemporaneamente, a distanza di un giorno
l’una dall’altra.
La balena Cecilia è un bellissimo personaggio nato dalla penna, o
meglio, dal cuore di Daniela Palumbo, giornalista e scrittrice per ragazzi e
vincitrice di vari premi letterari.
Attraverso la sua storia, scopriamo quanto è bello donarsi con
generosità agli altri amandoli fino al sacrificio di sé, e quanto è importante partecipare
alla custodia del creato.
Ma Cecilia ha un dono davvero speciale: ha gli occhi dentro.
Si, proprio così. E sorridono.
“Però a cosa ti servono qui
dentro, al buio? – esclama il pesce Trombetta – Non potrai mai vedere che cosa c’è fuori!”
“Tutti guardano fuori – dice Cecilia
– ma pochi sono capaci di vedere dove è
più buio, dentro di noi.”
La piccola orca ha appena
ascoltato dal padre la storia della balena Cecilia che si era immolata per salvare
il mare e i suoi abitanti: “Papà, dimmi,
perché Cecilia aveva gli occhi dentro?”
Il giorno dopo aver letto la storia di Cecilia, mi aggiravo tra banchi
di copertine dai titoli allettanti, oggettistica varia e immagini appese alle
pareti della libreria vicino a casa, la cui titolare è una cara amica, nonché
instancabile scalatrice dei sentieri dello spirito, quando sento la sua voce
dire, in quel tono lievemente complice che conosco bene: “Hai visto che belle?”.
In quel preciso istante avevo davanti agli occhi una nuvoletta giallo
paglierino dentro la quale un angioletto si affacciava con tenerezza dal titolo
della preghiera all’angelo custode.
“Si,
molto carina!” – rispondo senza voltarmi.
“No, dicevo queste…”
Mi avvicino al bancone dove sono esposte delle icone sacre.
Non so che cosa mi prende ma il cuore salta e freme come un bambino che
tende verso l’abbraccio materno.
La mia amica, nel frattempo, mi spiega ciò che l’autore delle opere le
ha insegnato.
L’icona è la scrittura dell’immagine.
Scrittura sacra.
Ogni icona è un trattato di teologia a colori.
Il vero Autore dell’icona è lo Spirito Santo.
Ogni icona è Presenza.
Per accostarsi a questa esperienza, che è un vero e proprio cammino
interiore, è necessario raccogliersi in preghiera e guardarsi dentro per
trovare quell’Immagine che è impressa profondamente nell’anima di ognuno.
Già, guardarsi dentro. Ripenso ora alla balena Cecilia.
Nell'economia di Dio tutto ha un senso. In ogni cosa è impresso il segno della Sua Presenza.
Mi guardo dentro. In quell'oscurità, al centro di un cuore che batte di gioia, vedo pulsare la vita e capisco qualcosa di più.
Già, guardarsi dentro. Ripenso ora alla balena Cecilia.
Nell'economia di Dio tutto ha un senso. In ogni cosa è impresso il segno della Sua Presenza.
Mi guardo dentro. In quell'oscurità, al centro di un cuore che batte di gioia, vedo pulsare la vita e capisco qualcosa di più.
lunedì 19 maggio 2014
C'è aria di miracolo
Rosso,
tramonto di fuoco. Venature bianche di gabbiani galleggiano in un cielo liquefatto.
Il cuore, i polmoni, travolti dal soffio vitale, vibrano all'unisono dentro
l’eterno.
C'è
aria di miracolo da questa parte dell'orizzonte.
Mi
volto. Un respiro notturno avvolge tutto
il resto. Il freddo buio avanza strisciando dal mutevole confine tra aria e
terra. Vacillo. Un brulichio di ombre silenziose insinua la paura dell'ignoto. E lì il rosso. Caldo, eccitante. Vivo. Tento
di perdermi nel suo calore. Le zolle tremano. Metà del corpo è risucchiata
verso il basso. La testa mette le ali, destinazione paradiso.
Una
fettina di sole si affaccia e mi guarda tra le pieghe di una nube strascicata
dal vento. Che ne sarà del mondo? Mi dissolvo assieme ai colori, senza studiare
strategie ingannevoli per rimanere ancorata ad una certezza senza più contorni.
Il
vuoto prende possesso di tutte le cellule. Provo l'ebbrezza del mutismo
interiore. Sto volando con tutto l’essere. Traccio strade di trasparenza nel
rosso del cielo che fa posto all'arancio. Mi avvicino con deliziose volute al calore
del sole e sono leggera, leggera più dell'aria.
Un
guizzo di volontà guida le mie ali traslucide nell'ovunque e sempre, finché la
volontà sosterrà il mio desiderio pieno d'amore.
Parole
segrete, cifre misteriose si incastonano nelle lacune terrene, riempiono baratri
antichi dando unità al tutto. Ora sono completa. Ora sono.
Le
ferite arate sono lontane, laggiù. Non bruciano. Il mio compito, dimenticare il
futuro.
Sento
cori algebrici. Verità è una canzone armoniosa e ancestrale. Un risveglio.
Parlare con l'Uno, l’Uno e Trino. Farne parte.
Desiderio
mi conduce da Lui. Le mie piccole ali trasparenti e lucenti fremono di piacere.
Io sono le ali. Attraverso il silenzio con morbido stupore mentre la luce
penetra fino all'anima e mi parla attraverso nuovi sensi. Un bagliore di
chiarezza che trapassa e annienta ogni dubbio.
So
perché sono.
La
verità cesella un corpo non più materiale e scioglie le croste residue di pensiero
imbrigliato. Va, corri lontano, dentro di me, fuori di me, insieme a me,
conducimi attraverso la fettina di sole giallo morente, oltre il conosciuto
finito, oltre la porta visibile, verso l'immensità. Sono un grande occhio che
tutto vede, un grande orecchio che tutto ode, un grande cuore che pulsa al
ritmo dell'amore divino.
Mano
che sente. Aria, acqua, terra, fuoco. Metallo.
La
mia vecchia stradina di argento fuso si è trasformata in un cammino d'oro.
Non
ti vedo, ma posso sentirti in ogni atomo.
La Tua Voce sussurra al cuore parole di vita: LE RADICI DELL'UOMO SONO IN CIELO...
Avanza
la notte. Cobalto. Grida stridule di gabbiani.
C'è
aria di miracolo da questa parte dell'orizzonte.
venerdì 16 maggio 2014
Atto di affidamento a MARIA
Madre,
questa famiglia ti appartiene.
Costruita
dalla tua Grazia.
Frutto
del tuo sacrificio.
Arricchita
dei tuoi doni.
Noi la consacriamo
al tuo Cuore Immacolato
perché possa,
sulla scia dei tuoi passi di luce,
giungere
alla meta celeste,
al riparo dal male,
custodita per sempre
nel Sacro Cuore di Gesù.
(Patrizia)
giovedì 15 maggio 2014
Sotto un cavalcavia
Ti hanno trovata così, crocifissa sotto un cavalcavia. Si dev'essere incatenato in segno di
protesta, ha pensato qualcuno da lontano nel vedere la tua ombra indistinta.
In realtà le tue proteste nessuno le aveva ascoltate e la tua anima è fuggita
velocemente lasciandosi indietro un corpo martoriato dal male che non ha perché.
Faccio fatica ad immaginarti imprigionata in quel tempio di carne
umiliata. Fragile, infreddolita da un lungo viaggio tra i flutti gelidi e
sconosciuti di un pianeta dimenticato, non da Dio: dall’uomo.
Mi chiamo come volete che mi
chiami e sono quella che volete che io sia, ma non sono una bambola di pezza. Sono
tempio di Dio.
Mi è giunto l’eco del tuo grido, un messaggio lanciato dentro la notte
della ragione umana.
Eppure anche nella notte più nera sopravvive una piccola luce che non
si spegne mai. Una luce che non acceca, perché è discreta e attende di essere
guardata. La luce della coscienza. Ha una voce delicata. Con soffio caldo
sussurra poche parole, quelle giuste. Parole di libertà.
Ascoltiamola.
martedì 13 maggio 2014
Grazie!
La pace, si sa, inizia nel proprio
cuore. Inutile parlare di altra pace se non si costruisce prima di tutto dentro
se stessi. Non è cosa facile, è lavoro duro e costante. Ma un lavoro
indispensabile, soprattutto in questo momento storico così difficile e buio per
tutti.
La mia intenzione particolare, in
questo giorno dedicato a Maria, è quella del ringraziamento. Desidero seguire
la piccola via della gratitudine, la mia preghiera preferita.
Grazie! Che suono dolce. Scalda il cuore
di chi lo pronuncia e di chi lo riceve. E’ una piccola fiamma di luce nelle
tenebre. Non sconfigge il buio, ma illumina lo sguardo.
A volte basta questo. Un piccolo,
piccolissimo segno. In certi momenti della vita può fare la differenza. Non
voglio rinunciare a dire il mio piccolo grazie.
Grazie Signore. Grazie di ciò che sono,
nonostante gli errori compiuti e i difetti di carattere.
Grazie della mia famiglia.
Grazie di quanto ogni giorno ricevo: la
luce del sole, il cielo azzurro, le nuvole cariche di pioggia, il canto degli
uccelli, il verde delle piante, i fiori profumati, il buon cibo, l’acqua.
Grazie degli amici sinceri, delle manifestazioni
di affetto ricevute e che ricevo.
Grazie della pace che hai seminato nel
mio cuore. Prego perché cresca in me e attorno a me.
lunedì 12 maggio 2014
Il signore del fuoco
A quest’ora della sera le dune di sabbia proiettano lunghe
ombre che lambiscono il mare, piatto come un lago. Un profilo di luna veglia
ondeggiando dall’alto del cielo.
La ricerca mi conduce nei luoghi della memoria. Da chissà
dove, tra le nebbie lattiginose, ecco risalire alla mente
le scene di un sogno un poco sbiadito. Mi siedo sulla sabbia e guardo verso l’orizzonte...
Il signore del fuoco è lì, seduto sulla sabbia, ammantato di
silenzio.
Prepara da dieci lune il suo incontro col destino. Lei arriva puntuale, dopo un lungo cammino
sulla riva ricamata di schiuma, gli occhi di argento brunito che trafiggono
l'aria, due raggi di lama sottili e sapienti.
Gli si siede di fronte, dentro al cerchio di carboni ardenti
disegnato con cura. Dopo attimi sospesi nell’eternità, l’uomo e la donna si prendono
le mani, guardandosi fissi fino all’anima. Il sole scivola dietro le dune. Arriva
il buio. E di nuovo la luce, poi di nuovo buio. Passa il tempo, tanto tempo.
I capelli dell’uomo brillano di fuoco anche quando la notte è
orfana di luna. Gli occhi di lei sono fissi, spalancati verso uno spazio
infinito, mentre il suono misterioso del silenzio tesse attorno a loro
geometrie di scale che salgono verso un cielo dai colori sempre nuovi.
Il vento passa e
ripassa tra i due corpi immobili e attenti, a volte giocando, a volte
infuriandosi e mugghiando, senza mai riuscire a smuoverli, a spaventarli. Senza
riuscire a disserrare le loro mani.
Su di loro si rincorrono le stagioni, un carosello di colori
li trasforma. Ricoperti di neve, carezzati dai profumi di primavera, bruciati
dall'estate. E poi nuovamente autunno.
Il vento ruggisce d’invidia nel tentare di sciogliere il nodo
delle loro mani, ci soffia contro con forza. Strappa loro le vesti, ne scolpisce
i corpi immoti, leviga le asperità dei profili, ne disperde i capelli e le
ciglia. Ma non riesce a domare quegli occhi scavati di stanchezza che cercano
verità.
Col tempo i loro sguardi prendono corpo, diventano due ponti
sottili e forti; e all’arrivo della primavera su quei ponti fioriscono le rose
e i loro petali profumano la spiaggia. E quando, volteggiando dolcemente, si
adagiano sulla sabbia, in quel punto nasce un'altra rosa.
Pian piano è tutto un fiorire di rose di ogni colore.
Un petalo bianco, trasportato dal vento, si è impigliato su
un ramo d'oleandro cresciuto lungo gli argini di un fiume ciottoloso e ormai
asciutto.
Su quei ciottoli riposa la speranza. Al profumo intenso del
petalo, si sveglia dal breve sonno e, seguendo l'invisibile scia, arriva fino
al ponte di rose.
Una luce dorata si sprigiona con forza dall'antica scultura
levigata dal vento. Alla luce si accosta leggera la felicità. Tra loro è subito
armonia.
Più in là, una madre con la sua bimba giocano a rincorrersi
sulla spiaggia. Le loro grida di libertà salgono su, su, fino in cielo. Si
confondono con le risate dei gabbiani. Sulla sabbia, le loro orme informi si
rincorrono verso un futuro ancora da scoprire.
Ora, stanche e spettinate, sono
arrivate fin sotto il ponte lucente, attirate dal profumo dei fiori. Si
lasciano cadere senza ormai più fiato per la lunga corsa. La bambina si getta
sul corpo della madre e insieme creano un nuovo corpo che respira al ritmo del
gioco, si arrotola e si scioglie come un'onda sulla riva. La bambina si alza e
scappa portando con sé risate di cristallo. La madre, rimasta a terra, guarda
il cielo libero da nubi, avvolta da una nostalgia di bellezza ormai
dimenticata.
L’uomo dai capelli di fuoco la vede da lontano. In quel
preciso istante il suo cuore tormentato si placa. Quelle orme informi, che si srotolavano
sotto i suoi piedi, gli avevano suggerito la via.
La raggiunge sotto il ponte. Senza dire una parola.
Gli occhi della donna sono di argento brunito. Gli occhi
dell'uomo fiamme sognanti. In silenzio, si prendono la mano. Una luce dorata,
sprigionandosi dall'antica scultura, li avvolge in un istante. I cristalli
impuri delle loro anime si fondono per poi ricomporsi in nuovi gioielli di
luce. La speranza li sorprende nell'attimo stesso in cui una pioggia di petali
di ogni colore esplode su di loro.
Da quella pioggia nasce un rivolo, che ingrossa sempre più, diventa
torrente impetuoso. Presto è un fiume in piena che traccia nuove strade verso il
futuro, un fiume che spazza via le paure, libera il respiro ingabbiato, ora potente
e profumato di vita. Mentre il fiume, inarcandosi in un guizzo, si getta fecondo
nel mare.
Apro gli occhi. Oggi l’aria profuma di rose.
La prima immagine
La mia vita di relazione ha inizio con un'immagine: il volto di mia
madre.
Ho imparato presto a tradurre i suoi stati d’animo, la stanchezza, la
preoccupazione, la tensione, l’attenzione. La calma.
Un guizzo nello sguardo, un sopracciglio inarcato, la piega amara all’angolo
delle labbra.
Il mio primo libro.
Solo dopo è arrivato il suono.
Il battito del cuore, un respiro accelerato. Un sospiro
involontario.
La prima musica.
Immagini e suoni.
Ma prima di tutto l’immagine.
Da lì parte la coscienza dell’altro. Da lì parte la conoscenza di noi
stessi.
Guardami. Mi vedo riflessa nei tuoi occhi.
Vedo dove sono. Vedo chi sono.
So che ho un posto nel mondo, nell’universo.
Un posto unico e speciale.
Ognuno di noi è speciale. “Fatto
a immagine e somiglianza di Dio”.
La mia vita di relazione ha inizio con un’immagine: il volto di Dio.
giovedì 8 maggio 2014
Fai di me un pane buono
Fa’ di me un pane buono,
tanto dolce da attirare chi è lontano,
piccolo, da non intimorire i diffidenti,
morbido, che possa essere mangiato
da chi ha perso i denti per le troppe battaglie.
Fammi dorare al fuoco dello Spirito,
perché penetri in me ogni sapore prezioso
e possa nutrire anche i disillusi.
Offrimi, infine, come dono gratuito
ai dimenticati.
Perché possano dire, insieme a me,
Grazie, Signore.
(Patrizia)
(Patrizia)
martedì 6 maggio 2014
La laguna
Il mio viaggio continua. Ora la strada si apre su
un paesaggio solitario.
La vecchia porta cigola e sbatte al ritmo degli
sbuffi di un maestrale capriccioso. Una predellina di legno marcito dall'acqua
si allunga, tremolante, verso un fondo verdastro di alghe ammorbidite dalla
putrefazione.
Da questa postazione guardo la laguna.
La luce vespertina esplora con pudore questo angolo
di mondo desolato e misterioso, dimenticato in disordine come una casa
abbandonata in gran fretta. Da qui i pescatori hanno traslocato, ma la vita no.
Muggini fulminei trapassano lo specchio d'acqua stropicciato dal vento e al
culmine di un arco immaginario sostano per un attimo, sfiorati da uccelli dal
volo radente, per rientrare con un lieve tonfo nell’universo liquido.
Questo silenzio ha un potere calmante. La natura
riposa.
A parte qualche animale inselvatichito che la fa da
padrone. Mi sento loro ospite.
Due gatti sbucati dal nulla mi fissano con
curiosità mista a diffidenza. Il più piccolo emette un miagolio appena
percettibile dall'alto di una catapecchia. Mi chiedo come sia potuto arrivare
fin lassù, non vedo appigli. Mi avvicino per cercare un contatto, un dialogo
senza parole che lui, dopo aver annusato la mia mano protesa verso l’alto,
rifiuta con dignità ritornando al centro del tetto, dove nessuno può disturbarlo.
Ma non rinuncia alla sua voglia di protestare contro una fame che le sue piccole
ossa sporgenti denunciano senza pietà.
Il gatto adulto pare ben nutrito. Ha persino il
pelo lucido, in netto contrasto con l'assoluta sporcizia del luogo. Me lo
ritrovo all'improvviso in mezzo alle gambe con la coda sollevata come
un'antenna, la schiena inarcata a richiamare una carezza, pronto ad elargire
tanta bellezza a qualcuno disposto ad apprezzarla. Apprezzo.
Dal nulla compare un cucciolo di cane, frutto di
incroci, anche se in lui è ancora perfettamente riconoscibile la razza di
qualche antenato pastore tedesco. Colore nero, qualche tocco di miele nelle
zampe robuste, nelle orecchie vigili, nella pancia probabilmente vuota. Mi
guarda con occhi amichevoli. Chissà perché, penso che non sappia abbaiare.
Forse per il suo modo così espressivo di fissare. Senza smettere di studiarmi,
con una zampa batte la terra, come a voler scavare. Capisco che mi sta
chiamando. Lascio il gatto alla sua vanità e percorro i pochi passi che mi
separano dal nuovo incontro. Lui china un po’ la testa, in segno di
sottomissione. No, gli dico mentalmente, non devi aver paura. So che mi sente.
Capisco che con lui potrò instaurare quel dialogo primitivo che mi porto dentro,
e con una danza segreta fatta di sguardi e lievi cenni ci racconteremo le
rispettive vite.
La tua zampa posteriore storta e leggermente
piegata all'indentro mi parla di un incidente non ancora superato.
Il tuo muso sulle mie ginocchia mi dice che hai
bisogno di dolcezza, il tuo scodinzolare energico mi racconta il tuo bisogno di
carezze. Somigli a quel gattino lassù, desideroso e timoroso al tempo stesso delle
attenzioni di una razza, la mia, che spero non ti abbia ancora deluso.
Vorrei leggere nei tuoi pensieri, che sento ancora
puri e fiduciosi nonostante la tua vita dura e solitaria. Mi mordicchi lievemente
i pantaloni. Non so se vuoi giocare o se cerchi qualcosa da mangiare.
Probabilmente tutt'e due. Dovrebbe essere così anche per noi, vita e gioco, uniti
nella gioia, senza prendersi mai troppo sul serio, neanche quando la lotta
diventa più dura, neanche quando la vita ti chiede impegno e fatica, e cadi, e ti
rompi una zampa. Ma ti rialzi e riprendi a giocare. Come te.
Il maestrale aumenta, senti? Dimenticavo, tu hai la
pelliccia. Io non ho che una leggera maglia e comincio ad avere brividi. Cala la
sera su questa laguna silenziosa e brulicante di vita sotterranea. Non ha
l'odore eccitante del mare, al contrario. Lieve e discreto, sa un poco di vita
e un poco di tristezza. Tutto sommato, mi piace.
Un morso più deciso alla gamba mi richiama a te. Vorrei
portarti via da qui, ma non posso. Ma tu hai già capito che ora sparirò e mi
guardi con un certo disappunto. Verrò a trovarti. Promesso. Mi avvio
lentamente. Mi giro ancora e ti vedo là, immobile, accovacciato sulle zampe
posteriori. Mi fissi perplesso. Faccio un ultimo cenno di saluto. Tu guardi dall'altra
parte, verso le baracche disabitate. Sento di averti deluso. Non avrei voluto.
Ciao, laguna solitaria. Ciao amico silenzioso. A presto.
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