sabato 31 maggio 2014

Magnificat

Ascende. Il cielo si riprende il suo inestimabile dono. Ma al cielo è ritornato per prepararci un posto, unico e speciale. Nella Sua gloria. Mentre oggi Maria, gravida di divino, canta il suo Magnificat…


venerdì 30 maggio 2014

Recuperando sogni

Oggi la mia strada passa attraverso Castello, il quartiere alto e antico della mia città. Stradine strette e affollate di vento, scorci di un azzurro polarizzato solcate da sbuffi di nuvole di cotone e d’improvviso, quando meno te l’aspetti, girato l’angolo si spalanca il paesaggio, il mare, il porto con le navi ormeggiate, la laguna ricamata dai voli dei fenicotteri, ombre di colli in lontananza, il tramonto dai colori indescrivibili, la vita che ti invade tutta d’un colpo dalle porte degli occhi, lasciandoti senza fiato.



Inserito in questa cornice, un quadro, che in realtà è una storia. La storia di una donna dal nome fiorito e benedetto che ha scelto di raccontare piccole storie, in apparenza insignificanti, perché riguardano oggetti dimenticati. Anzi, abbandonati. Dentro i cassonetti della spazzatura. Oggetti per i quali qualcuno aveva decretato la fine, una fine ingloriosa e silenziosa.
Fino al momento in cui occhi addestrati dalla speranza, attenti a cogliere il bello anche là dove ormai è scomparso, o non c’è mai stato,  hanno carezzato vecchi legni scorticati, tavolini dalle gambe tremolanti, scaffali zoppi, comodini troppo tristi e deboli per scacciare la solitudine della notte. Ed è nata l’idea del recupero, anzi, della riabilitazione.
Da questo sentimento di tenerezza, misto forse ad entusiasmo e un briciolo di paziente follia, è nata una mostra. Il tema dei fiori, declinato nei vari colori e nelle varie forme, ma sempre con estremo gusto e delicatezza, ha sottolineato, quasi come una firma, ogni lavoro di restauro.



E poi, particolare degno di nota, ogni mobile, ogni sedia, ogni tavolino o scaffale, aveva davanti a se un biglietto di presentazione, col nome di chi aveva reso possibile, grazie alla sua segnalazione, quella rinascita.
Un senso di delicata bellezza è quanto mi porto dentro da questo viaggio nel passato che risuscita a nuova vita e si fa presente.
Oggi ho potuto carezzare  con lo sguardo i sogni resi reali da mani sapienti e da un cuore pieno di amore.

Si, perché anche attraverso un semplice mobile recuperato da un cassonetto e restituito all’ammirazione, può passare un messaggio profondo e coraggioso. Un messaggio di speranza dentro una bottiglia gettata nel mare della nostra indifferenza. Grazie Rosa Maria.

giovedì 29 maggio 2014

Suono di campane

Il vento porta un suono di campane, un rincorrere festoso di cascatelle di note. Richiamo dell’anima. Una voce che parla dritta allo spirito. Mi chiedo perché. Perché questa voce riesce a parlarmi così? Irresistibile forza che mi porta lontano da me. In un altrove che non so…



Dal libro dell’Esodo
Fecero sonagli d'oro puro e collocarono i sonagli in mezzo alle melagrane, intorno all'orlo del manto: un sonaglio e una melagrana, un sonaglio e una melagrana lungo tutto il giro del lembo del manto, per l'esercizio del ministero, come il Signore aveva ordinato a Mosè.

Un sonaglio e una melagrana.



Dal Deuteronomio
Osserva i comandi del Signore tuo Dio camminando nelle sue vie e temendolo; perché il Signore tuo Dio sta per farti entrare in un paese fertile: paese di torrenti, di fonti e di acque sotterranee che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni.


La Bellezza si veste di povere cose per risplendere tanto…



lunedì 26 maggio 2014

Il cuore è una strada

Il cuore è una strada dove passano molte cose, alcune buone, tante altre no. Le strade del mondo pullulano di falsi profeti, pronti a promettere che con poco sforzo saremo in grado di raggiungere ogni soddisfazione e trovare la felicità. Magari perdendoci nel buio. Ma questo è un particolare secondario. Soprattutto, neppure degno di essere preso in considerazione.



Ogni giorno, piaccia o meno, consapevoli o no, ci si ritrova a scegliere.

Il cuore è una strada dove passano molte cose ma dove, tanto tempo fa, Qualcuno ha posto dei cartelli ad indicare la Via. Ce n’è uno, però, che risulta davvero difficile decifrare perché si trova molto in basso e il tempo e l’incuria ne hanno sbiadito le lettere.

Qualche tempo fa, ho incontrato una Persona che me ne ha rivelato il senso. Ho scoperto che il cartello più insignificante è quello, tra tutti, che indica la via più sicura, anche se è una strada impervia e faticosa perché è stata tracciata tra le spine e le rocce aguzze. Una via che può essere percorsa soltanto con gli occhi rivolti ai propri passi. Ma che conduce in un luogo di gioia e di pace profonda.

Sul cartello è scritta una sola parola: UMILTA’. 

mercoledì 21 maggio 2014

La balena Cecilia e l'icona

 

Tra le pieghe della vita quotidiana si nascondono momenti cruciali che possono aiutarci a scoprire delle cose importanti per il nostro cammino. Ma cosa possono avere in comune una balena di nome Cecilia e un'icona sacra?
Apparentemente nulla.
Eppure le due cose insieme mi stanno rivoluzionando dal di dentro.



Le ho incontrate quasi contemporaneamente, a distanza di un giorno l’una dall’altra.

La balena Cecilia è un bellissimo personaggio nato dalla penna, o meglio, dal cuore di Daniela Palumbo, giornalista e scrittrice per ragazzi e vincitrice di vari premi letterari.
Attraverso la sua storia, scopriamo quanto è bello donarsi con generosità agli altri amandoli fino al sacrificio di sé, e quanto è importante partecipare alla custodia del creato.
Ma Cecilia ha un dono davvero speciale: ha gli occhi dentro.
Si, proprio così. E sorridono.
Però a cosa ti servono qui dentro, al buio? – esclama il pesce Trombetta – Non potrai mai vedere che cosa c’è fuori!”
“Tutti guardano fuori – dice Cecilia – ma pochi sono capaci di vedere dove è più buio, dentro di noi.”
La  piccola orca ha appena ascoltato dal padre la storia della balena Cecilia che si era immolata per salvare il mare e i suoi abitanti: “Papà, dimmi, perché Cecilia aveva gli occhi dentro?”
“Per amare anche le cose lontane da lei.”




Il giorno dopo aver letto la storia di Cecilia, mi aggiravo tra banchi di copertine dai titoli allettanti, oggettistica varia e immagini appese alle pareti della libreria vicino a casa, la cui titolare è una cara amica, nonché instancabile scalatrice dei sentieri dello spirito, quando sento la sua voce dire, in quel tono lievemente complice che conosco bene: “Hai visto che belle?”.
In quel preciso istante avevo davanti agli occhi una nuvoletta giallo paglierino dentro la quale un angioletto si affacciava con tenerezza dal titolo della preghiera all’angelo custode.
“Si, molto carina!” – rispondo senza voltarmi.               
“No, dicevo queste…”
Mi avvicino al bancone dove sono esposte delle icone sacre.
Non so che cosa mi prende ma il cuore salta e freme come un bambino che tende verso l’abbraccio materno.
La mia amica, nel frattempo, mi spiega ciò che l’autore delle opere le ha insegnato.

L’icona è la scrittura dell’immagine.
Scrittura sacra.
Ogni icona è un trattato di teologia a colori.
Il vero Autore dell’icona è lo Spirito Santo.
Ogni icona è Presenza.
Per accostarsi a questa esperienza, che è un vero e proprio cammino interiore, è necessario raccogliersi in preghiera e guardarsi dentro per trovare quell’Immagine che è impressa profondamente nell’anima di ognuno.

Già, guardarsi dentro. Ripenso ora alla balena Cecilia.
Nell'economia di Dio tutto ha un senso. In ogni cosa è impresso il segno della Sua Presenza.
Mi guardo dentro. In quell'oscurità, al centro di un cuore che batte di gioia, vedo pulsare la vita e capisco qualcosa di più. 

Perché siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio…


lunedì 19 maggio 2014

C'è aria di miracolo

Rosso, tramonto di fuoco. Venature bianche di gabbiani galleggiano in un cielo liquefatto. Il cuore, i polmoni, travolti dal soffio vitale, vibrano all'unisono dentro l’eterno.
C'è aria di miracolo da questa parte dell'orizzonte.



Mi volto. Un  respiro notturno avvolge tutto il resto. Il freddo buio avanza strisciando dal mutevole confine tra aria e terra. Vacillo. Un brulichio di ombre silenziose insinua la paura dell'ignoto.  E lì il rosso. Caldo, eccitante. Vivo. Tento di perdermi nel suo calore. Le zolle tremano. Metà del corpo è risucchiata verso il basso. La testa mette le ali, destinazione paradiso.
Una fettina di sole si affaccia e mi guarda tra le pieghe di una nube strascicata dal vento. Che ne sarà del mondo? Mi dissolvo assieme ai colori, senza studiare strategie ingannevoli per rimanere ancorata ad una certezza senza più contorni. 
Il vuoto prende possesso di tutte le cellule. Provo l'ebbrezza del mutismo interiore. Sto volando con tutto l’essere. Traccio strade di trasparenza nel rosso del cielo che fa posto all'arancio. Mi avvicino con deliziose volute al calore del sole e sono leggera, leggera più dell'aria.
Un guizzo di volontà guida le mie ali traslucide nell'ovunque e sempre, finché la volontà sosterrà il mio desiderio pieno d'amore.
Parole segrete, cifre misteriose si incastonano nelle lacune terrene, riempiono baratri antichi dando unità al tutto. Ora sono completa. Ora sono.

Le ferite arate sono lontane, laggiù. Non bruciano. Il mio compito, dimenticare il futuro.
Sento cori algebrici. Verità è una canzone armoniosa e ancestrale. Un risveglio. Parlare con l'Uno, l’Uno e Trino. Farne parte.
Desiderio mi conduce da Lui. Le mie piccole ali trasparenti e lucenti fremono di piacere. Io sono le ali. Attraverso il silenzio con morbido stupore mentre la luce penetra fino all'anima e mi parla attraverso nuovi sensi. Un bagliore di chiarezza che trapassa e annienta ogni dubbio.

So perché sono.

La verità cesella un corpo non più materiale e scioglie le croste residue di pensiero imbrigliato. Va, corri lontano, dentro di me, fuori di me, insieme a me, conducimi attraverso la fettina di sole giallo morente, oltre il conosciuto finito, oltre la porta visibile, verso l'immensità. Sono un grande occhio che tutto vede, un grande orecchio che tutto ode, un grande cuore che pulsa al ritmo dell'amore divino.
Mano che sente. Aria, acqua, terra, fuoco. Metallo.
La mia vecchia stradina di argento fuso si è trasformata in un cammino d'oro.
Non ti vedo, ma posso sentirti in ogni atomo.

La Tua Voce sussurra al cuore parole di vita: LE RADICI DELL'UOMO SONO IN CIELO...

Avanza la notte. Cobalto. Grida stridule di gabbiani.
C'è aria di miracolo da questa parte dell'orizzonte.




venerdì 16 maggio 2014

Atto di affidamento a MARIA




Madre,
questa famiglia ti appartiene.
Costruita 
dalla tua Grazia.
Frutto
del tuo sacrificio.
Arricchita
dei tuoi doni.

Noi la consacriamo
al tuo Cuore Immacolato
perché possa,
sulla scia dei tuoi passi di luce,
giungere
alla meta celeste,
al riparo dal male,
custodita per sempre
nel Sacro Cuore di Gesù.



(Patrizia)

giovedì 15 maggio 2014

Sotto un cavalcavia

Ti hanno trovata così, crocifissa sotto un cavalcavia. Si dev'essere incatenato in segno di protesta, ha pensato qualcuno da lontano nel vedere la tua ombra indistinta.
In realtà le tue proteste nessuno le aveva ascoltate e la tua anima è fuggita velocemente lasciandosi indietro un corpo martoriato dal male che non ha perché.
Faccio fatica ad immaginarti imprigionata in quel tempio di carne umiliata. Fragile, infreddolita da un lungo viaggio tra i flutti gelidi e sconosciuti di un pianeta dimenticato, non da Dio: dall’uomo.

Mi chiamo come volete che mi chiami e sono quella che volete che io sia, ma non sono una bambola di pezza. Sono tempio di Dio.



Mi è giunto l’eco del tuo grido, un messaggio lanciato dentro la notte della ragione umana.
Eppure anche nella notte più nera sopravvive una piccola luce che non si spegne mai. Una luce che non acceca, perché è discreta e attende di essere guardata. La luce della coscienza. Ha una voce delicata. Con soffio caldo sussurra poche parole, quelle giuste. Parole di libertà.

Ascoltiamola.



martedì 13 maggio 2014

Grazie!

La pace, si sa, inizia nel proprio cuore. Inutile parlare di altra pace se non si costruisce prima di tutto dentro se stessi. Non è cosa facile, è lavoro duro e costante. Ma un lavoro indispensabile, soprattutto in questo momento storico così difficile e buio per tutti.
La mia intenzione particolare, in questo giorno dedicato a Maria, è quella del ringraziamento. Desidero seguire la piccola via della gratitudine, la mia preghiera preferita.
Grazie! Che suono dolce. Scalda il cuore di chi lo pronuncia e di chi lo riceve. E’ una piccola fiamma di luce nelle tenebre. Non sconfigge il buio, ma illumina lo sguardo.

A volte basta questo. Un piccolo, piccolissimo segno. In certi momenti della vita può fare la differenza. Non voglio rinunciare a dire il mio piccolo grazie.
Grazie Signore. Grazie di ciò che sono, nonostante gli errori compiuti e i difetti di carattere.
Grazie della mia famiglia.
Grazie di quanto ogni giorno ricevo: la luce del sole, il cielo azzurro, le nuvole cariche di pioggia, il canto degli uccelli, il verde delle piante, i fiori profumati, il buon cibo, l’acqua.
Grazie degli amici sinceri, delle manifestazioni di affetto ricevute e che ricevo.
Grazie della pace che hai seminato nel mio cuore. Prego perché cresca in me e attorno a me.

lunedì 12 maggio 2014

Il signore del fuoco

A quest’ora della sera le dune di sabbia proiettano lunghe ombre che lambiscono il mare, piatto come un lago. Un profilo di luna veglia ondeggiando dall’alto del cielo.


La ricerca mi conduce nei luoghi della memoria. Da chissà dove, tra le nebbie lattiginose, ecco risalire alla mente le scene di un sogno un poco sbiadito. Mi siedo sulla sabbia e guardo verso l’orizzonte...


Il signore del fuoco è lì, seduto sulla sabbia, ammantato di silenzio.
Prepara da dieci lune il suo incontro col destino.  Lei arriva puntuale, dopo un lungo cammino sulla riva ricamata di schiuma, gli occhi di argento brunito che trafiggono l'aria, due raggi di lama sottili e sapienti.
Gli si siede di fronte, dentro al cerchio di carboni ardenti disegnato con cura. Dopo attimi sospesi nell’eternità, l’uomo e la donna si prendono le mani, guardandosi fissi fino all’anima. Il sole scivola dietro le dune. Arriva il buio. E di nuovo la luce, poi di nuovo buio. Passa il tempo, tanto tempo.
I capelli dell’uomo brillano di fuoco anche quando la notte è orfana di luna. Gli occhi di lei sono fissi, spalancati verso uno spazio infinito, mentre il suono misterioso del silenzio tesse attorno a loro geometrie di scale che salgono verso un cielo dai colori sempre nuovi.
 Il vento passa e ripassa tra i due corpi immobili e attenti, a volte giocando, a volte infuriandosi e mugghiando, senza mai riuscire a smuoverli, a spaventarli. Senza riuscire a disserrare le loro mani.
Su di loro si rincorrono le stagioni, un carosello di colori li trasforma. Ricoperti di neve, carezzati dai profumi di primavera, bruciati dall'estate. E poi nuovamente autunno.
Il vento ruggisce d’invidia nel tentare di sciogliere il nodo delle loro mani, ci soffia contro con forza. Strappa loro le vesti, ne scolpisce i corpi immoti, leviga le asperità dei profili, ne disperde i capelli e le ciglia. Ma non riesce a domare quegli occhi scavati di stanchezza che cercano verità.
Col tempo i loro sguardi prendono corpo, diventano due ponti sottili e forti; e all’arrivo della primavera su quei ponti fioriscono le rose e i loro petali profumano la spiaggia. E quando, volteggiando dolcemente, si adagiano sulla sabbia, in quel punto nasce un'altra rosa.
Pian piano è tutto un fiorire di rose di ogni colore.

Un petalo bianco, trasportato dal vento, si è impigliato su un ramo d'oleandro cresciuto lungo gli argini di un fiume ciottoloso e ormai asciutto.
Su quei ciottoli riposa la speranza. Al profumo intenso del petalo, si sveglia dal breve sonno e, seguendo l'invisibile scia, arriva fino al ponte di rose.
Una luce dorata si sprigiona con forza dall'antica scultura levigata dal vento. Alla luce si accosta leggera la felicità. Tra loro è subito armonia.
Più in là, una madre con la sua bimba giocano a rincorrersi sulla spiaggia. Le loro grida di libertà salgono su, su, fino in cielo. Si confondono con le risate dei gabbiani. Sulla sabbia, le loro orme informi si rincorrono verso un futuro ancora da scoprire. 



Ora, stanche e spettinate, sono arrivate fin sotto il ponte lucente, attirate dal profumo dei fiori. Si lasciano cadere senza ormai più fiato per la lunga corsa. La bambina si getta sul corpo della madre e insieme creano un nuovo corpo che respira al ritmo del gioco, si arrotola e si scioglie come un'onda sulla riva. La bambina si alza e scappa portando con sé risate di cristallo. La madre, rimasta a terra, guarda il cielo libero da nubi, avvolta da una nostalgia di bellezza ormai dimenticata.
L’uomo dai capelli di fuoco la vede da lontano. In quel preciso istante il suo cuore tormentato si placa. Quelle orme informi, che si srotolavano sotto i suoi piedi, gli avevano suggerito la via.
La raggiunge sotto il ponte. Senza dire una parola.
Gli occhi della donna sono di argento brunito. Gli occhi dell'uomo fiamme sognanti. In silenzio, si prendono la mano. Una luce dorata, sprigionandosi dall'antica scultura, li avvolge in un istante. I cristalli impuri delle loro anime si fondono per poi ricomporsi in nuovi gioielli di luce. La speranza li sorprende nell'attimo stesso in cui una pioggia di petali di ogni colore esplode su di loro.
Da quella pioggia nasce un rivolo, che ingrossa sempre più, diventa torrente impetuoso. Presto è un fiume in piena che traccia nuove strade verso il futuro, un fiume che spazza via le paure, libera il respiro ingabbiato, ora potente e profumato di vita. Mentre il fiume, inarcandosi in un guizzo, si getta fecondo nel mare.

Apro gli occhi. Oggi l’aria profuma di rose.


La prima immagine

La mia vita di relazione ha inizio con un'immagine: il volto di mia madre.
Ho imparato presto a tradurre i suoi stati d’animo, la stanchezza, la preoccupazione, la tensione, l’attenzione. La calma.
Un guizzo nello sguardo, un sopracciglio inarcato, la piega amara all’angolo delle labbra. 
Il mio primo libro.



Solo dopo è arrivato il suono.
Il battito del cuore, un respiro accelerato. Un sospiro involontario.  
La prima musica.
Immagini e suoni.
Ma prima di tutto l’immagine.
Da lì parte la coscienza dell’altro. Da lì parte la conoscenza di noi stessi.
Guardami. Mi vedo riflessa nei tuoi occhi.
Vedo dove sono. Vedo chi sono.
So che ho un posto nel mondo, nell’universo.
Un posto unico e speciale.
Ognuno di noi è speciale. “Fatto a immagine e somiglianza di Dio”.
La mia vita di relazione ha inizio con un’immagine: il volto di Dio.



giovedì 8 maggio 2014

Fai di me un pane buono



Impastami, Madre, con le tue mani profumate di sole.
Fa’ di me un pane buono,
tanto dolce da attirare chi è lontano,
piccolo, da non intimorire i diffidenti,
morbido, che possa essere mangiato
da chi ha perso i denti per le troppe battaglie.

Fammi dorare al fuoco dello Spirito,
perché penetri in me ogni sapore prezioso
e possa nutrire anche i disillusi.

Offrimi, infine, come dono gratuito
ai dimenticati.
Perché possano dire, insieme a me,

Grazie, Signore.

(Patrizia)

martedì 6 maggio 2014

La laguna

Il mio viaggio continua. Ora la strada si apre su un paesaggio solitario.
La vecchia porta cigola e sbatte al ritmo degli sbuffi di un maestrale capriccioso. Una predellina di legno marcito dall'acqua si allunga, tremolante, verso un fondo verdastro di alghe ammorbidite dalla putrefazione.
Da questa postazione guardo la laguna.


La luce vespertina esplora con pudore questo angolo di mondo desolato e misterioso, dimenticato in disordine come una casa abbandonata in gran fretta. Da qui i pescatori hanno traslocato, ma la vita no. Muggini fulminei trapassano lo specchio d'acqua stropicciato dal vento e al culmine di un arco immaginario sostano per un attimo, sfiorati da uccelli dal volo radente, per rientrare con un lieve tonfo nell’universo liquido.
Questo silenzio ha un potere calmante. La natura riposa.
A parte qualche animale inselvatichito che la fa da padrone. Mi sento loro ospite.
Due gatti sbucati dal nulla mi fissano con curiosità mista a diffidenza. Il più piccolo emette un miagolio appena percettibile dall'alto di una catapecchia. Mi chiedo come sia potuto arrivare fin lassù, non vedo appigli. Mi avvicino per cercare un contatto, un dialogo senza parole che lui, dopo aver annusato la mia mano protesa verso l’alto, rifiuta con dignità ritornando al centro del tetto, dove nessuno può disturbarlo. Ma non rinuncia alla sua voglia di protestare contro una fame che le sue piccole ossa sporgenti denunciano senza pietà.
Il gatto adulto pare ben nutrito. Ha persino il pelo lucido, in netto contrasto con l'assoluta sporcizia del luogo. Me lo ritrovo all'improvviso in mezzo alle gambe con la coda sollevata come un'antenna, la schiena inarcata a richiamare una carezza, pronto ad elargire tanta bellezza a qualcuno disposto ad apprezzarla. Apprezzo.

Dal nulla compare un cucciolo di cane, frutto di incroci, anche se in lui è ancora perfettamente riconoscibile la razza di qualche antenato pastore tedesco. Colore nero, qualche tocco di miele nelle zampe robuste, nelle orecchie vigili, nella pancia probabilmente vuota. Mi guarda con occhi amichevoli. Chissà perché, penso che non sappia abbaiare. Forse per il suo modo così espressivo di fissare. Senza smettere di studiarmi, con una zampa batte la terra, come a voler scavare. Capisco che mi sta chiamando. Lascio il gatto alla sua vanità e percorro i pochi passi che mi separano dal nuovo incontro. Lui china un po’ la testa, in segno di sottomissione. No, gli dico mentalmente, non devi aver paura. So che mi sente. Capisco che con lui potrò instaurare quel dialogo primitivo che mi porto dentro, e con una danza segreta fatta di sguardi e lievi cenni ci racconteremo le rispettive vite.
La tua zampa posteriore storta e leggermente piegata all'indentro mi parla di un incidente non ancora superato.
Il tuo muso sulle mie ginocchia mi dice che hai bisogno di dolcezza, il tuo scodinzolare energico mi racconta il tuo bisogno di carezze. Somigli a quel gattino lassù, desideroso e timoroso al tempo stesso delle attenzioni di una razza, la mia, che spero non ti abbia ancora deluso.
Vorrei leggere nei tuoi pensieri, che sento ancora puri e fiduciosi nonostante la tua vita dura e solitaria. Mi mordicchi lievemente i pantaloni. Non so se vuoi giocare o se cerchi qualcosa da mangiare. Probabilmente tutt'e due. Dovrebbe essere così anche per noi, vita e gioco, uniti nella gioia, senza prendersi mai troppo sul serio, neanche quando la lotta diventa più dura, neanche quando la vita ti chiede impegno e fatica, e cadi, e ti rompi una zampa. Ma ti rialzi e riprendi a giocare. Come te. 
Il maestrale aumenta, senti? Dimenticavo, tu hai la pelliccia. Io non ho che una leggera maglia e comincio ad avere brividi. Cala la sera su questa laguna silenziosa e brulicante di vita sotterranea. Non ha l'odore eccitante del mare, al contrario. Lieve e discreto, sa un poco di vita e un poco di tristezza. Tutto sommato, mi piace.

Un morso più deciso alla gamba mi richiama a te. Vorrei portarti via da qui, ma non posso. Ma tu hai già capito che ora sparirò e mi guardi con un certo disappunto. Verrò a trovarti. Promesso. Mi avvio lentamente. Mi giro ancora e ti vedo là, immobile, accovacciato sulle zampe posteriori. Mi fissi perplesso. Faccio un ultimo cenno di saluto. Tu guardi dall'altra parte, verso le baracche disabitate. Sento di averti deluso. Non avrei voluto. Ciao, laguna solitaria. Ciao amico silenzioso. A presto.