martedì 29 settembre 2015
venerdì 18 settembre 2015
I colori della pace
Non so se questa poesia provenga, come riportato in internet, dal cuore di Tali Sorek, bambina dodicenne israeliana, che la scrisse in occasione della guerra del Kippur tra arabi e israeliani del 1973. So solo che la forza contenuta in questi pochi versi fa più rumore di una bomba, perché la pace ha in sé una forza dirompente.
Avevo una scatola di colori, brillanti, decisi e vivaci.
Avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, altri molto freddi.
Non avevo il rosso per il sangue dei feriti,
non avevo il nero per il pianto degli orfani,
non avevo il bianco per il volto dei morti, non avevo il giallo per le sabbie ardenti.
Ma avevo l'arancio per la gioia della vita,
e il verde per i germogli e i nidi,
e il celeste per i chiari cieli splendenti,
e il rosa per il sogno e il riposo.
Mi sono seduta,
e ho dipinto la pace.
Avevo una scatola di colori, brillanti, decisi e vivaci.
Avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, altri molto freddi.
Non avevo il rosso per il sangue dei feriti,
non avevo il nero per il pianto degli orfani,
non avevo il bianco per il volto dei morti, non avevo il giallo per le sabbie ardenti.
Ma avevo l'arancio per la gioia della vita,
e il verde per i germogli e i nidi,
e il celeste per i chiari cieli splendenti,
e il rosa per il sogno e il riposo.
Mi sono seduta,
e ho dipinto la pace.
mercoledì 16 settembre 2015
La strada interrotta
La strada non è quella che porta a casa. Porta lontano. In direzione
opposta. Tutta la vita di prima è rimasta dietro una fila interminabile di
piedi in marcia, piedi che hanno calpestato stive arrugginite e soffocanti,
stipate di corpi umani accatastati come merce di scarto. Piedi che hanno
attraversato mari in burrasca, approdando in terre troppo spesso inospitali. La
guerra, il terrorismo, la fame, la ricerca di una vita degna di un essere umano,
sono ragioni che per alcuni non bastano a giustificare una fuga precipitosa. Non
sono sufficienti per invadere le terre altrui. Ho davanti agli occhi le
immagini di questa marcia triste, tanto triste da spezzare il cuore. Una giovane
mamma cammina tenendo per mano i suoi due bambini, anche loro con un fagottino
sulle spalle. Due paia di piccoli piedi che percorrono a fatica strade
sconosciute e ostili. Vedo lo sguardo della bimba, non avrà che sette-otto
anni, scorrere lento sul filo spinato che delimita il confine tra ciò che è
giusto e ciò che è sbagliato. Tra chi ha ancora il diritto di vivere e chi non
ce l’ha più. I suoi occhi cercano lungo il cammino una risposta. Qualcuno può
dargliela?
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domenica 6 settembre 2015
Vita di Sincletica
Tratto da: Gli insegnamenti spirituali di una madre del deserto
L’anima è come una nave che viene affondata dalle ondate di fuori e
sommersa dall’acqua dentro la stiva, per cui noi andiamo in rovina per i
peccati esteriori che commettiamo e ci distruggiamo attraverso i pensieri
interiori. Occorre dunque tanto stare in guardia dagli assalti degli spiriti [che
provengono] da fuori quanto resistere ai pensieri impuri di dentro e vigilare
rigorosamente su di essi perché si presentano continuamente. Durante le
tempeste, ai marinai che gridano aiuto spesso la salvezza viene dalle
imbarcazioni vicine, ma se fa acqua la stiva, non di rado i marinai sono uccisi
a loro insaputa, spesso quando dormono e con il mare calmo.
Bisogna dunque opporre ai pensieri un’attenzione operosa. Il nemico
infatti, nell’intenzione di prendersi l’anima come se fosse una casa, o la fa
cadere a partire dalle fondamenta o l’abbatte tutta a cominciare dal tetto
oppure, passando per le finestre, prima lega il padrone di casa e così si
prende tutto.
Le fondamenta sono le buone azioni, il tetto la fede, le finestre i sensi.
In ogni cosa il nemico [ci] fa guerra perciò deve avere molti occhi chi vuole
salvarsi. Né possiamo starcene qui senza pensieri. La Scrittura, infatti, dice:
Chi crede di stare in piedi, guardi di
non cadere.
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