lunedì 16 novembre 2015

Lettera di Isobel - Attentato Parigi, Bataclan - 13 novembre 2015

“Non penseresti mai possa succedere a te.
Era un semplice venerdì sera ad un concerto rock. L’atmosfera era così serena, e tutti erano intenti a ballare e divertirsi. Quando quell’uomo è arrivato all’ingresso e ha cominciato a sparare, tutti abbiamo pensato facesse semplicemente parte dello spettacolo. Ma non era un attacco terroristico: è stato un massacro.
Dozzine di persone sono state colpite davanti ai miei occhi. Il pavimento pieno di pozze di sangue. I pianti di uomini adulti che stringevano i corpi morti delle proprie fidanzate hanno cominciato a riempire il locale. Futuri demoliti, famiglie distrutte, in un istante.
Sola e sconvolta, ho finto di essere morta per più di un’ora, sdraiata tra chi era costretto a guardare i propri amati inerti. Trattenevo il respiro, provavo a non piangere per non nutrire quegli uomini con la paura di cui erano alla disperata ricerca. Sono stata estremamente fortunata ad uscirne viva, ma molti altri no.
Persone innocenti che erano lì per i miei stessi motivi: passare un venerdì sera sereno ascoltando musica. Questo mondo è crudele.
Atti come questo non fanno altro che sottolineare la depravazione degli esseri umani, e le immagini di quegli uomini che volteggiavano su di noi come avvoltoi mi daranno tormento per il resto della mia vita. Il modo in cui prendevano meticolosamente la mira prima di sparare tutti coloro che erano all’esterno della pista senza alcuna considerazione. Non sembrava vero. Aspettavo che qualcuno finalmente mi dicesse che si trattava soltanto di un incubo. Ma essere sopravvissuta a questo orrore mi ha dato la possibilità di accendere i riflettori sui veri eroi.
All’uomo che mi ha rassicurato e messo a repentaglio la sua vita pur di proteggermi e coprirmi la testa; alla coppia le cui ultime parole d’amore mi hanno fatto riflettere su quello che ancora c’è di buono a questo mondo; alla polizia che è riuscita a salvare centinaia di vite; al perfetto sconosciuto che si è avvicinato a me in strada e mi ha confortato per tutti i 45 minuti in cui ho pensato che l’amore della mia vita fosse morto; all’uomo ferito che ho scambiato per lui, e che dopo essermi accorta della svista mi ha stretta e confortata, nonostante fosse il primo ad essere solo e spaventato; alla donna che ha aperto la porta di casa sua ai sopravvissuti; all’amico che mi ha offerto rifugio e si è preoccupato di andare a comprare dei nuovi vestiti così che non dovessi più indossare questo top sporco di sangue; a tutti voi che vi siete preoccupati di inviarmi messaggi di supporto.
Tutto questo mi fa pensare che ci sia del potenziale affinché questo mondo diventi migliore. Che tutto questo non debba succedere mai più. Ma per lo più questo messaggio è per quelle 80 persone che non sono state così fortunate, e che oggi non hanno avuto la possibilità di svegliarsi.. e per tutto il dolore che i loro amici e le loro famiglie dovranno affrontare. Mi dispiace. Non c’è niente che possa attenuare il dolore. Mi sento privilegiata ad essere stata lì per il loro ultimo respiro. E avendo davvero creduto che avrei fatto la stessa fine, posso assicurarvi che il loro ultimo pensiero non era rivolto alle bestie che hanno causato tutto questo, bensì a tutte le persone che hanno amato col cuore.

Mentre ero sdraiata in mezzo al sangue di sconosciuti, aspettando quel proiettile che avrebbe segnato la fine dei miei miseri 22 anni, non ho fatto altro che visualizzare il volto di tutti coloro che amo, sussurrandogli “Ti voglio bene”. Ancora, e ancora una volta. Riflettevo sui momenti più belli della mia vita. Desideravo che le persone che amo sapessero quanto, e mi auguravo che nonostante tutto avrebbero continuato a credere nel bene. Per non lasciar vincere quelle bestie.
La notte scorsa, la vita di molte persone è cambiata per sempre… e tocca a noi essere migliori. Tocca a noi vivere le vite che le povere vittime di questa strage hanno desiderato, ma che non saranno mai in grado di realizzare. Riposate in pace, angeli. Non sarete mai dimenticati.”
[Isobel Bowdery]

martedì 3 novembre 2015

Il nostro volto

Passiamo la vita a cercare la verità, finché cominciamo a capire che non dobbiamo inseguirla ma piuttosto lasciarci raggiungere e possedere da Lei, perché ci desidera da sempre. Gli aztechi ritenevano che ogni essere umano nascesse senza volto e che ognuno dovesse formarlo man mano, crescendo. Ma questo è possibile solo attraverso la verità.
Se mentiamo, non abbiamo una faccia con cui presentarci agli altri. Il nostro volto dobbiamo conquistarcelo con l'impegno e la sincerità, verso gli altri e verso noi stessi. A volte una malattia, un dolore, un'umiliazione, un imprevisto nella nostra vita ci costringono a fermarci. Questo aiuta a farci raggiungere dalla Verità. E se ci apriamo a Lei, accogliendola con amore, lasceremo libera la sua mano di aggiungere un'altra pennellata al nostro volto divino...

lunedì 12 ottobre 2015

Preghiera per il sinodo della famiglia

Gesù, Maria e Giuseppe, 
in voi contempliamo
lo splendore dell’amore vero,
a voi con fiducia ci rivolgiamo.
Santa Famiglia di Nazareth,
rendi anche le nostre famiglie
luoghi di comunione e cenacoli di preghiera,
autentiche scuole del Vangelo
e piccole Chiese domestiche.
Santa Famiglia di Nazareth,
mai più nelle famiglie si faccia esperienza
di violenza, chiusura e divisione:
chiunque è stato ferito o scandalizzato
conosca presto consolazione e guarigione.
Santa Famiglia di Nazareth,
il Sinodo dei Vescovi
possa ridestare in tutti la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
la sua bellezza nel progetto di Dio.
Gesù, Maria e Giuseppe,
ascoltate, esaudite la nostra supplica. Amen.

venerdì 2 ottobre 2015

L'eremita e gli animali

C'era una volta un eremita, tutto dedito, come ogni eremita, alla preghiera e alla penitenza, nella solitudine e nel silenzio. Ma si lamentava spesso che aveva troppe cose da fare. Finché un uomo gli domandò dove fosse tutto questo lavoro in una vita regolare ed essenziale come la sua. Rispose: "Ho da addomesticare due falchi, addestrare due aquile, mantenere fermi due conigli, vigilare su un serpente, caricare un asino e dominare un leone".

L'uomo gli chiese: "Ma dove sono tutti questi animali? Qui intorno non ne vedo!". Rispose il monaco: "Questi animali vivono dentro ciascuno di noi. I due falchi si agitano dentro di me, pronti a ghermire tutto quello che si presenta loro, buono o cattivo. Devo addomesticarli perché si scaglino solo sulle giuste prede. Sono i miei occhi. Le due aquile feriscono e straziano con i loro artigli. Devo addestrarle perché imparino a servire e aiutare senza ferire. Sono le mie mani. I conigli vogliono andare dappertutto, fuggire dagli altri ed evitare le cose difficili. Devo insegnare loro a stare fermi anche quando devono affrontare una sofferenza, un problema o quello che non piace. Sono i miei piedi. La cosa più difficile è vigilare sul serpente, anche se è racchiuso in una gabbia con 32 sbarre. Sempre pronto a mordere e avvelenare chi sta intorno appena si apre la gabbia. Se non presto tanta attenzione, causa danni. È la mia lingua. L'asino è molto ostinato, non vuole compiere il suo dovere. Sostiene di essere stanco e non vuole portare il suo carico ogni giorno. È il mio corpo. E devo dominare il leone: crede di essere il re, vuole essere sempre il primo, è vanitoso e orgoglioso. È il mio cuore.




martedì 29 settembre 2015

Lavoro e arte


Chi usa le mani è un lavoratore.
Chi usa mani e mente è un artigiano.
Chi usa mani, mente e cuore è un artista.

(attribuito a san Francesco)

venerdì 18 settembre 2015

I colori della pace

Non so se questa poesia provenga, come riportato in internet, dal cuore di Tali Sorek, bambina dodicenne israeliana, che la scrisse in occasione della guerra del Kippur tra arabi e israeliani del 1973. So solo che la forza contenuta in questi pochi versi fa più rumore di una bomba, perché la pace ha in sé una forza dirompente.

Avevo una scatola di colori, brillanti, decisi e vivaci.
Avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, altri molto freddi.
Non avevo il rosso per il sangue dei feriti,
non avevo il nero per il pianto degli orfani,
non avevo il bianco per il volto dei morti, non avevo il giallo per le sabbie ardenti.
Ma avevo l'arancio per la gioia della vita,
e il verde per i germogli e i nidi,
e il celeste per i chiari cieli splendenti,
e il rosa per il sogno e il riposo.
Mi sono seduta,
e ho dipinto la pace.



mercoledì 16 settembre 2015

La strada interrotta

La strada non è quella che porta a casa. Porta lontano. In direzione opposta. Tutta la vita di prima è rimasta dietro una fila interminabile di piedi in marcia, piedi che hanno calpestato stive arrugginite e soffocanti, stipate di corpi umani accatastati come merce di scarto. Piedi che hanno attraversato mari in burrasca, approdando in terre troppo spesso inospitali. La guerra, il terrorismo, la fame, la ricerca di una vita degna di un essere umano, sono ragioni che per alcuni non bastano a giustificare una fuga precipitosa. Non sono sufficienti per invadere le terre altrui. Ho davanti agli occhi le immagini di questa marcia triste, tanto triste da spezzare il cuore. Una giovane mamma cammina tenendo per mano i suoi due bambini, anche loro con un fagottino sulle spalle. Due paia di piccoli piedi che percorrono a fatica strade sconosciute e ostili. Vedo lo sguardo della bimba, non avrà che sette-otto anni, scorrere lento sul filo spinato che delimita il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Tra chi ha ancora il diritto di vivere e chi non ce l’ha più. I suoi occhi cercano lungo il cammino una risposta. Qualcuno può dargliela?


domenica 6 settembre 2015

Vita di Sincletica

Tratto da: Gli insegnamenti spirituali di una madre del deserto


L’anima è come una nave che viene affondata dalle ondate di fuori e sommersa dall’acqua dentro la stiva, per cui noi andiamo in rovina per i peccati esteriori che commettiamo e ci distruggiamo attraverso i pensieri interiori. Occorre dunque tanto stare in guardia dagli assalti degli spiriti [che provengono] da fuori quanto resistere ai pensieri impuri di dentro e vigilare rigorosamente su di essi perché si presentano continuamente. Durante le tempeste, ai marinai che gridano aiuto spesso la salvezza viene dalle imbarcazioni vicine, ma se fa acqua la stiva, non di rado i marinai sono uccisi a loro insaputa, spesso quando dormono e con il mare calmo.
Bisogna dunque opporre ai pensieri un’attenzione operosa. Il nemico infatti, nell’intenzione di prendersi l’anima come se fosse una casa, o la fa cadere a partire dalle fondamenta o l’abbatte tutta a cominciare dal tetto oppure, passando per le finestre, prima lega il padrone di casa e così si prende tutto.
Le fondamenta sono le buone azioni, il tetto la fede, le finestre i sensi. In ogni cosa il nemico [ci] fa guerra perciò deve avere molti occhi chi vuole salvarsi. Né possiamo starcene qui senza pensieri. La Scrittura, infatti, dice: Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.




mercoledì 12 agosto 2015

Chiesa è...


Chiesa è presenza.
Ho incontrato Mauro, fuori dalla Chiesa. Attendevo con altri l’inizio di una catechesi sull’amico importuno, Vangelo di San Luca.
Lo vedevo per la prima volta in quel luogo. Si è avvicinato, e con semplicità mi ha messo al corrente di avere appena accettato di contribuire come volontario alle attività organizzate dal sacerdote.
Mi ha colpito la sua adesione immediata, senza tante parole, senza tanti preamboli.
Semplicemente, ha detto si. Si, adesso.

Chiesa è cura
Rossana si occupa di tante cose nella Chiesa. Tante, tutte senza squilli di trombe. Nel silenzio e nel nascondimento. Tra le altre, registra e trascrive le catechesi per chi, per un motivo o un altro, non riesce ad essere presente ad ogni incontro. Si preoccupa che non manchi a nessuno il pane della Parola, spezzato con amore da un sacerdote innamorato di Dio.
Ricevo le mail di Rossana, sempre puntuali, con gratitudine. Si prende a cuore ogni cosa. Tutto è fatto con attenzione e amore. Ricevo le sue cure con gioia.

Chiesa è ascolto
Ho mandato ad Anna un messaggio in tema spirituale, uno di quelli che circolano sulle chat tipo catena di sant’Antonio. Non è mia abitudine farle girare e quando le ricevo tendo a cancellarle praticamente subito. Ma questa aveva un contenuto che faceva riflettere. Parlava di quanto è importante attrezzarsi di pazienza, di comprensione per l’altro, di buon senso, di coraggio. Di amore. E di quanto è importante chiedere nella preghiera la pace, la gioia. La grazia di Dio. La salvezza, che è dono di Gesù. E’ passata qualche ora, mi ero pure dimenticata di averla inviata, quando mi è arrivata la risposta. Totalmente inaspettata.
Riprendeva gli stessi temi, ma non genericamente, come storiella.
Era una piccola pagina di diario della sua giornata vissuta nell’ascolto dell’altro, nell’offerta del proprio tempo ad un malato di SLA, dentro una struttura sanitaria. Un malato con un nome preciso: Paolo. Raccontava tutta la dolcezza racchiusa nel mettersi di fronte a chi è nel bisogno, a chi soffre. Nel fissare il proprio sguardo negli occhi dell’altro per stabilire un contatto visivo. E stare. Ascoltare. Partecipare. Amare. L’amore fa miracoli. L’amore risveglia la voglia di vivere, di reagire, di lottare. Spinge ad aprire la bocca al cibo quando si era già deciso di lasciarsi morire di tristezza. Fino al momento in cui due occhi colmi di tenerezza si affacciano nei tuoi, riuscendo a lacerare il velo denso della tua notte senza stelle per restituirti un giovane raggio di sole. E trasformano le tue lacrime in perle di luce che riflettono l’Emmanuele. Il Dio con noi. 

martedì 11 agosto 2015

Anninnia anninnia

C’è un coro, femminile. Una ninna nanna. E un maestro di musica. Nato a Nurallao, un giorno ha deciso di lasciare il paese per laurearsi in Discipline delle Arti, Musica e Spettacolo (D.A.M.S.) all’Università di Bologna. Insegnante di educazione musicale nella Scuola Media, compositore, ricercatore in ambito tradizionale, il Maestro ama le proprie radici, la propria terra, con le sue tradizioni e le note antiche. Un Maestro che ha voglia di riproporre al mondo i suoni dell’infanzia propria e di chi l’ha preceduto nel tempo, aggiungendo al canto e alla musica sarda la cifra della propria creatività. Il suo nome è Mauro Lisei.
Il Coro, originario di Gavoi, risponde al nome di Eufonia. Piccolo gruppo di ragazze di ogni età, si muove nella tradizione pur esplorando territori ancora sconosciuti, a tratti dimenticati. Un Coro che ha saputo fare incetta di trofei e premi in Sardegna e nel “continente”. Compreso un “Premio Speciale per il canto più bello” al brano “Anninnia anninnia” al Festival Internazionale “L’Europa e i suoi canti” di Barcellona. La ninna nanna è un brivido lungo la schiena, uno di quei brividi che partono dal profondo dell’anima, che a volte la vera bellezza sa ancora regalare. Quando nasce dal cuore.

“Anninnia anninnia” è il sospiro della terra, della madre terra. Di una madre di questa meravigliosa terra sarda. Quadro d’amore di un compositore che esprime la sua vocazione musicale più profonda. Ninna nanna d’incanto…


San Lorenzo


Oggi è San Lorenzo. Nella chiesetta il caldo soffocante è a tratti alleviato dal maestrale, che entrando con brevi folate cambia l'aria e rigenera lo spirito, insieme alla Parola del Vangelo, che ci racconta di un Dio che gradisce le offerte di chi dona con gioia.
Sul sentiero che conduce alla piccola chiesa in cima al colle, la più antica di Cagliari dopo quella di San Saturnino, si snoda la processione di chi ha deciso di sfidare il caldo torrido di questa prima decade di agosto per dare un segno di amore ad un santo forse trascurato. A parte per il collegamento alle stelle cadenti.
Tra passi lenti e grani di rosario, tra essenze profumate che salgono dalla "ramadura" di fiori di ogni colore, è un attimo arrivare alla vicina chiesa di Sant'Antonio, meglio conosciuta come Sant'Ignazio, dove i frati attendono l'arrivo del simulacro portato a spalle dai confratelli della Congregazione Mariana degli Artieri di San Michele. Un intreccio festoso di santi e di uomini che dialogano tra loro. Cielo e terra cantano insieme i "goccius" antichi, espressione di un popolo fedele e devoto, nella lingua degli avi.
Al mio fianco la voce di Clara, brasiliana di nascita ma cagliaritana di adozione, condivide con gioia la nostra canzone. La nostra vita.
Intanto dal pulpito francescano Monsignor Mario, Rettore della Chiesa di San Lorenzo e Canonico del Capitolo Metropolitano della Cattedrale di Cagliari, ci arricchisce di storia e tradizione, di fede e di preghiera, senza omettere di ringraziare chi, offrendo da giorni e nel silenzio il proprio lavoro a gloria di Dio e per la gioia dei fratelli, è rimasto sul colle ad accogliere il rientro della processione.
La sera avanza. Si rientra lassù, nella piccola chiesa in cima al colle, dove i pellegrini nel Medioevo ricevevano la benedizione prima di partire per un lungo viaggio pieno di insidie e pericoli, che li avrebbe portati nei luoghi dello spirito. Oggi siamo noi i novelli pellegrini. Chiediamo la benedizione del Padre prima di rientrare alle nostre case, prima di riprendere il nostro pellegrinaggio nel quotidiano. Anche questo pieno di insidie e pericoli, ma nella consapevolezza che Qualcuno, lassù, ci ama. Ci guarda con amore. Custodisce i nostri sogni. Attende le nostre piccole preghiere e offerte, purché fatte con la gioia nel cuore.
Buoncammino, notte di san Lorenzo. Notte di stelle cadenti.

giovedì 6 agosto 2015

La Trasfigurazione di Gesù



Lasciare la pianura, il rumore del mondo e le sue logiche umane, e salire, andare incontro alle logiche di Dio… arrampicarsi sul monte dello spirito, là dove Dio ci parla. Inoltrarsi verso la nostra vetta più alta, al seguito del Figlio, nel silenzio della preghiera.
E in cima al monte, dove Dio ci conduce e ci attende, aprire il cuore al mistero per incontrare il Suo Volto splendente come il sole, le vesti candide come la Luce. E finalmente ritrovare il nostro vero volto, creato a Sua Immagine. E ricordare che siamo stati creati per il Cielo, per rispecchiarci per sempre nel Suo Amore. 



domenica 12 aprile 2015

Domenica in Albis (deponendis)

Oggi si celebra la Festa della Divina Misericordia, proclamata nel 2000 da Papa Giovanni Paolo II. E' il giorno della Domenica in Albis deponendis, a ricordo del rito del Battesimo quando, durante la solenne Veglia Pasquale, i nuovi battezzati ricevevano e indossavano una veste bianca, simbolo della vita nuova appena ricevuta dal Signore; trascorsi otto giorni, si deponevano le vesti bianche per riprendere le vesti della vita quotidiana. Anche noi, terminata la Messa, finita la gioia dei festeggiamenti della Pasqua, riprendiamo le vesti ordinarie insieme alle nostre abitudini ordinarie, correndo spesso il rischio di una sorta di "schizofrenia cattolica", secondo la forte espressione del canonico Mons. Mario Ledda che in tal modo definisce una diffusa tendenza a separare i momenti di celebrazione, devozione e spiritualità dai valori a cui ci si ispira nelle scelte di ogni giorno, correndo il rischio di vivere due vite parallele e ben differenti, che non dialogano tra di loro. Per non dire che spesso sono proprio in contrasto stridente. Imploriamo su noi tutti la Divina Misericordia, l'Amore senza fine dato in gratuità dal Signore per venire incontro alle nostre continue mancanze di amore, alle nostre continue cadute e ai nostri voltafaccia, alla nostra paralizzante indifferenza verso i fratelli. Dal costato di Gesù sgorga continuo e inarrestabile un fiume di Grazia che è fonte di salvezza. L'anno giubilare dedicato alla Divina Misericordia, appena proclamato da Papa Francesco, ci ricorda che tutti abbiamo bisogno di ricorrere alla sorgente dell'Amore, che è Cristo. Per rinascere ogni giorno a nuova vita.
“Victimae paschali laudes immolent christiani”
Alla vittima pasquale,
s’innalzi oggi il sacrificio di lode.
L’Agnello ha redento il suo gregge,
l’Innocente ha riconciliato
noi peccatori col Padre. 
Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.
«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni,
il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea». 
Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso,
abbi pietà di noi. 

domenica 5 aprile 2015

Pasqua dei macigni rotolati

Pasqua è la festa dei macigni rotolati. E' la festa del terremoto.
La mattina di Pasqua le donne, giunte nell'orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro.
Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all'imboccatura dell'anima che non lascia filtrare l'ossigeno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l'altro.
E' il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell'odio, della disperazione, del peccato.
Siamo tombe alienate. Ognuno con il suo sigillo di morte.
Pasqua allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l'inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che contrassegnò la resurrezione di Cristo.

(don Tonino Bello)

sabato 4 aprile 2015

E' l'ora del Dio morto.

Sabato Santo.
Il mondo è immerso nelle tenebre. Buio nei cuori, nelle menti, nelle coscienze. E' l'ora del Dio morto. L'ora in cui l'uomo vuole prendere il posto di Dio, diventare dio. Il Signore della Vita, l'ha chiuso dentro un sepolcro. Perché l'uomo si vuole appropriare anche della vita. Eppure, in questa lunga notte che sembra non avere domani, in questa notte in cui anche la speranza sembra sepolta insieme al Grande Assente, ecco, nascosto allo sguardo di chi ancora non crede, germoglia il seme di Luce che esplodendo dalla notte ricrea l'Universo. E sarà Pasqua di Risurrezione.


venerdì 3 aprile 2015

Il tempo della Croce

Venerdì Santo. 
Si è fatto buio sulla terra. Dio e l’Uomo tacciono. Il tempo del silenzio. Tempo di abbassare lo sguardo davanti alla nostra miseria. Di meditare sulle nostre paure. Questo Venerdì ci ricorda che la croce, prima o poi, riguarda tutti, perché ci stiamo appesi noi, o perché ci abbiamo appeso qualcun altro. Anche l’indifferenza può uccidere e il male nasce dall’assenza di amore. Venerdì di silenzio. Il cuore tace e si interroga.

giovedì 2 aprile 2015

La Chiesa col grembiule


Giovedì Santo.
E' il giorno in cui la Chiesa celebra, nell'Ultima Cena del Signore, l'istituzione dell'Eucaristia e del sacerdozio, concepito come servizio. Farsi servi dei fratelli. Quella che don Tonino Bello chiamava la chiesa col grembiule. Gesù si è fatto servo, ce l'ha voluto insegnare attraverso il gesto della lavanda dei piedi. Poco prima di offrirsi ai Suoi nemici per amore di ognuno di noi.
Stasera Papa Francesco ha celebrato la Messa in Coena Domini nel carcere di Rebibbia. Dopo il Vangelo, ha chiesto di pregare per lui "Perché io diventi più schiavo di voi, nel servizio della gente".
Si è poi chiesto che differenza ci sia tra coloro che sono ristretti dentro un carcere e lui, e ognuno di noi: perché tutti sbagliamo. Solo che i destini sono diversi.
L'abbiamo visto poi chinarsi a lavare i piedi a 12 detenuti che, commossi, porgevano il piede al bacio del Papa. Tra questi una mamma col suo bambino, anche lui scalzo e pronto per il bacio. Difficile trattenere la commozione davanti ad un gesto tanto semplice e tanto dirompente.
Come semplice e dirompente è la forza dell'amore.

"Di fronte a chi decide di amare non c'è morte che tenga, non c'è tomba che chiuda, non c'è macigno sepolcrale che non rotoli via. Auguri. La luce e la speranza allarghino le feritoie della vostra prigione" (don Tonino Bello)

mercoledì 1 aprile 2015

Sardegna flagellata


Carissima sorella,
senti come il vento flagella il dorso della nostra terra?
Senti come le spine affondano sul suo capo, pieno di superbia?
Guarda come l'hanno spogliata delle sue vesti ed umiliata. Le hanno dato uno scettro di canna mentre altre potenze decidono sulla sua vita.
Non senti come fuori l'inferno grida per condannarla a morte?
Potranno pure inchiodarne i più fedeli figli ad una croce... ma la Pasqua di Risurrezione è alle porte!





giovedì 19 marzo 2015

La donna invisibile

Ieri un’amica mi ha inviato il video di una testimonianza che mi ha colpita e che ho trovato particolarmente bella. Ne ho trascritto il testo. Dedicato a chi non si sente ascoltato, guardato, amato. A chi vive alle periferie della vita. A chi è solo. 


E’ iniziato gradualmente, entravo e dicevo qualcosa e nessuno se ne accorgeva: “Abbassa la tv per favore” – e non succedeva niente. Ripetevo più forte: “Abbassa il volume!” Alla fine mi toccava farlo da me. Poi l’ho notato in altre occasioni. Ero a una festa con mio marito, era ora di andare. Lui stava parlando con un amico. Mi avvicino e lui continua a parlare. Non si è nemmeno voltato. Allora ho iniziato a capire: non può vedermi. Sono invisibile!
Allora l’ho notato sempre di più. Accompagno mio figlio a scuola, la maestra gli dice: “Jack, chi era con te?” – e mio figlio: “Nessuno”.
Ha cinque anni, ma… nessuno?
Una sera festeggiavamo il ritorno di un’amica. Era stata in Inghilterra e raccontava del viaggio. Guardavo le altre donne, io mi ero truccata in auto, avevo un vestito vecchio addosso, i capelli in disordine, mi sentivo patetica. La mia amica mi dice: “Ti ho portato questo”. Un libro sulle cattedrali d’Europa. Non capivo. Poi leggo la dedica: “Con ammirazione per la grandezza di quello che costruisci senza essere vista”.
Non sappiamo i nomi dei costruttori di cattedrali. Vedi queste grandezze, cerchi il nome, dice: “Costruttore sconosciuto”. Lavoravano senza pretendere di essere notati. Si racconta di uno di loro, stava intagliando un uccello su una trave che sarebbe rimasta coperta dal tetto. Qualcuno gli dice: “Perché perdi tanto tempo per una cosa che nessuno vedrà?”. Lui rispose: “Perché Dio vede”.
Sapevano che Dio vede tutto. Spendevano la vita per un lavoro gigantesco che non avrebbero visto finito. Giorno dopo giorno. Alcune hanno richiesto più di 100 anni di lavoro. Più di una vita di lavoro. Giorno dopo giorno, con sacrificio, senza gloria. Impegnati in un lavoro che non avrebbero visto finito, un edificio che non avrebbe portato il loro nome.
Un autore dice: “Non si faranno più cattedrali perché non ci sono più uomini capaci di questi sacrifici. 
Ho chiuso il libro e sentivo il Signore dirmi: “IO TI VEDO, TU NON SEI INVISIBILE PER ME. Nessun sacrificio è troppo piccolo perché io non lo noti. Vedo ogni pasticcino che sforni, ogni tuo lavoro e sorrido ogni volta. Vedo ogni tua lacrima di delusione quando le cose non vanno come vorresti, ma ricorda: stai costruendo una grande cattedrale. Non la finirai nella tua vita, non ci abiterai dentro, ma se la costruisci bene ci abiterò io”.
A volte la mia invisibilità mi affligge, ma non è mai una malattia che mi distrugge. E’ la cura per la malattia dell’egoismo, è l’antidoto per il mio orgoglio. Va bene che non mi vedano, va bene che non sappiano.

Non voglio che mio figlio dica ai suoi amici: “Non sai cosa fa mia madre: si alza alle quattro, cucina, pulisce, lava.” Faccio tutte queste cose ma non voglio che lo dica. Voglio che voglia venire a casa e voglio che dica ai suoi amici: “Casa mia ti piacerà”. Va bene che non vedano, non lavoriamo per loro, lavoriamo per Lui, ci sacrifichiamo per Lui. Non vedranno se lo facciamo bene ma preghiamo che il nostro lavoro sia un monumento alla grandezza di Dio!

venerdì 13 marzo 2015

Meta finale

Tutta la nostra vita è orientata dalla nostra meta finale.
Chi pensa di andare verso il nulla cercherà di avere tutto, di godere di tutto strada facendo, di non trascurare nessuna esperienza, nel tentativo di riempirsi di vita, finché dura.

Chi pensa di andare verso il tutto non si attaccherà alle cose del mondo, non ha bisogno di nulla che non sia l’amare. Vuole solo imparare ad amare, perché è l’unica ragione del vivere. Ora e oltre.

mercoledì 11 marzo 2015

Hotel della Luna

Ci sono persone che non vanno mai in vacanza, se per vacanza si intende quel legittimo periodo di riposo di cui ogni essere umano ha necessità. Persone il cui cuore ballonzola e gorgoglia senza posa sotto il fuoco dello Spirito, come acqua che bolle dentro una pentola. Persone per cui le giornate non finiscono col buio della notte e i cui pensieri non si interrompono nel sonno. Sempre pronti per qualunque necessità. Genitori, prima di tutto, padri e madri, premurosi e instancabili nel donarsi gratis et amore Dei, per amore dell’altro. Padri d’anime. Come don Virginio.
Ci sono persone il cui cuore non ballonzola e gorgoglia sotto il fuoco dello Spirito. E che a malapena riescono a tenerlo ancora in movimento, a tenerlo vivo il proprio cuore, perché stanco e affaticato dai troppi no, dall’indifferenza glaciale che chiude la porta in faccia a chi si trova in difficoltà. Come il cuore di Michele.
Virginio e Michele sono entrati nella mia casa, oggi, trasportati fraternamente insieme dentro una busta della Casa di Carità di Milano, di cui Virginio è da qualche anno direttore. Una delle buste che spesso vengono recapitate dai postini nelle nostre case e che si affidano alla sensibilità di chi le aprirà.
Don Virginio racconta qualcuna delle storie che ha incontrato, nel tentativo di farci entrare nelle sue giornate. Per chiederci di condividere, per quanto possiamo, il suo amore agli altri. Una in particolare mi ha conquistata. Michele un giorno è stato raggiunto dai volontari della Casa di Carità, persone generose che girano instancabili in cerca di fratelli in difficoltà per offrire loro un pasto, un letto, un cuore che ascolta. Michele viveva per strada, senza chiedere nulla a nessuno. Gli è stato proposto un luogo dove dormire, ma lui, con delicatezza, ha respinto l'offerta: “Dormo all’Hotel della Luna”. In realtà l’Hotel della Luna era la panchina dalla quale poteva vedere il cielo. Già, perché per tenere il cuore vivo, per farlo ancora ballonzolare sotto la fiamma della Vita, Michele ha rivestito i suoi giorni di poesia e si è rifugiato nella notte sotto il manto profumato dei sogni. Neppure il freddo di tanti sguardi è riuscito a strappare dal suo cuore ferito quel barlume di calore, l'ultima fiaccola di speranza. Niente e nessuno ha potuto sradicarlo dalla visione della sua bellezza interiore e dalla bellezza del cielo. Ora però Michele ha saldato il conto all’Hotel della Luna e si è trasferito in un luogo da cui guardare il sole e dove la vita mostra un volto più dolce.
Grazie, Michele, per avere eroicamente custodito nel tuo cuore la bellezza. Grazie, padre Virginio, per aver confermato col tuo amore la bellezza presente nel cuore di Michele. Presente nel cuore di ogni essere umano.                            


lunedì 9 marzo 2015

Dentro il deserto

Ti ho tanto cercato, lungo la riva del mare, in quella piccola striscia al confine tra la terra e l’acqua. Là dove finisce il mio corpo e inizia il mistero.
Ma il Tuo luogo è nel tempo che vivo, è nel pane sul tavolo, nella sedia accanto alla mia. E’ nella mano che stringo e in quella che il mio cuore respinge. Più ancora Ti fai presente in chi non riesco ad amare, in chi mi accusa senza ragione, in chi non desidera guardare i miei occhi. Giochi a nascondere il Tuo Volto nel fondo delle cose più insignificanti e povere, dove non penso di cercarTi. E il Tuo sguardo mi segue, ovunque io vada, comunque io sia. Sguardo di Misericordia e di speranza che da fiato all’anima.
Anche nel buio avverto i Tuoi occhi e quando il mio tempio è troppo colmo di me, Tu provvedi a svuotarlo per non farmi inciampare e liberare il mio passo da ogni caduta. Ma se anche dovessi rovinare a terra, Tu sei al mio fianco per darmi la mano e risollevarmi. Quando Ti chiamo, Tu sei già qui, con me. Quando Ti invoco, avevi già provveduto. Quando Ti ferisco, avevi già pronto il perdono per me.
Quando mi sento confusa, Tu mi chiami al silenzio, al vuoto interiore, nel mio deserto.

Perché il deserto, mi insegni, è solo il luogo dell’appuntamento, il solo luogo in cui mi chiami ad incontrare l’Amore.

domenica 8 marzo 2015

Donna

Festa della donna, festa della comunicazione e della voglia di comunicare. Voglia di condividere, di amare, di donare se stesse e quanto si possiede. Voglia di ascoltare.
Voglia di dare la vita, di dare vita al riscatto umano. Di catturare le note più alte e restituirle in un gorgheggio di gioia, anche quando i giorni fanno curve le spalle e la notte si fa più vicina. Allora il canto scivola in una cantilena d’amore, e i versi, fatti più semplici, si riempiono di saggezza.
Donna dall’aurora al tramonto, donna dai mille colori e dalle mille risorse. Talvolta sola, incompresa, violata, ingabbiata. Ma figlia del cielo. Creata madre, pensata compagna dell’uomo, comunque maestra di vita, perché l’ascolto col cuore, l’ascolto partecipe e attento, rende sapienti.
La donna ama. E insieme all’uomo che ama, e che sa amare, cammina, cresce e sa rendere il mondo un luogo migliore.

Dal Talmud

"State molto attenti a far piangere una donna perché Dio conta le sue lacrime! La donna è uscita dalla costola dell'uomo, non dai piedi, infatti non doveva essere calpestata; non è uscita nemmeno dalla testa per essere superiore all'uomo; ma dal fianco per essere uguale, un po’ più in basso del braccio per essere protetta, e dal lato del cuore per essere amata."

Gocce...


Gocce di luna
Piovute
Su un mare di piombo
Prendono forma
Di donna.

Da voi la luce
Viene.

A voi la luce
Ritorna…

Patrizia

venerdì 6 marzo 2015

L'albero del silenzio


Piantato sopra una collina, lontano da ogni centro abitato. Lassù soffiava spesso il vento, un vento di maestrale che spazzava il cielo dalle impurità accendendo di azzurro la luce del giorno. L’albero stava lì, custode di un silenzio che aveva qualcosa di speciale, perché non solo non incuteva timore ma faceva cantare il cuore a chiunque gli si avvicinasse.
Si racconta che fu portato in quella cima dalle mani purissime di una fanciulla discendente da un popolo lontano nel tempo e che mentre piantava quel seme il cielo si era abbassato sulla collina per guardare, incantato dalla sua bellezza, e che da quel giorno nessuna tempesta poté turbare quel pezzetto di mondo. Ogni tanto, un vento muto passava a carezzare i giovani fili d’erba e al suo tocco i fiori ondeggiavano lievi.
Il seme piantato presto era diventato virgulto, sotto i raggi del sole cresceva e si fortificava. Divenne adulto. Un albero alto e snello, coi rami protesi al cielo e una trama di radici robuste, affondate nella terra fertile.
Chi aveva la gioia di arrivare fino alla collina, nell’avvicinarsi all’albero scopriva che emanava un profumo misterioso, capace di suscitare emozioni inspiegabili. Si racconta che era il profumo lasciato dalle mani purissime della fanciulla quando aveva piantato il seme.

Dalla cima della collina ancora l’albero attende, con infinita pazienza, che un’anima assetata di pace si avvicini per avvolgerla nel suo silenzio. Sento un profumo che chiama…

lunedì 2 marzo 2015

Anonimo spagnolo


Non mi spinge, mio Dio, a desiderarti, il cielo che mi hai promesso, né mi spinge l’inferno tanto temuto per lasciare, per questo, di offenderti. Tu mi spingi, Signore, mi spinge il vederti inchiodato in una croce e nella carne, mi spinge il Tuo corpo tanto ferito, mi spingono le tue sofferenze e la tua morte.
Mi spinge infine il tuo amore, in tal modo che se non ci fosse il cielo, io ti amerei, e anche se non ci fosse l’inferno, ti amerei. Non devi dirmi perché ti amo, e anche se ciò che spero non si realizzerà, lo stesso ti voglio, ti vorrei…

venerdì 16 gennaio 2015

Una preghiera


Stasera, mentre rientravo a piedi dal lavoro e con le cuffiette alle orecchie camminavo immersa nella musica, mi hanno fermato con un sorriso dolcissimo due giovani ragazze americane e dopo avermi chiesto se potevano rubarmi cinque minuti hanno aperto davanti ai miei occhi un foglio A4 scritto a mano: “CREDI CHE LE PREGHIERE RIVOLTE A DIO SONO ASCOLTATE?”.
Il mio SI, esploso in un sorriso, è stato immediato e pieno di gioia.
Anche loro hanno riso di gioia e si sono presentate. Erano due missionarie della Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni o, come meglio conosciuti, dei Mormoni. Ho spiegato che io sono cristiana cattolica. Ma nessuna di noi ha pensato che la differente posizione potesse rappresentare un ostacolo. Ci siamo scambiate il numero di telefono per conoscerci meglio e condividere il reciproco amore a Gesù e di Gesù, magari incontrandoci ancora. Mi hanno lasciato tra le mani una Sua immagine. Andando via, ancora un po’ stordita dall’incontro inaspettato, ho rimesso alle orecchie le cuffiette… Mi sono immersa dentro mia la bolla di note e parole… e ho sentito una frase, il ritaglio di un brano dei Modena city ramblers intitolato LA STRADA. Diceva: “Buon viaggio hermano querido, e buon cammino ovunque tu vada. Forse un giorno potremo incontrarci di nuovo lungo la strada…”

Una lacrima si è affacciata a guardare il volto di Gesù, ancora posato tra le mie mani. Un giorno, ho pregato, facci incontrare in Paradiso…