La città di Cagliari sembra sotto
assedio. Chiusi al traffico i tratti di strada tutt’attorno a Buoncammino per
il grande esodo dei detenuti. Dei ristretti, come ora si preferisce chiamarli.
Dalla piccola chiesa di san Lorenzo, posta in cima alla
collina dove sorge il carcere, oggi all’uscita della messa ho assistito alle
operazioni di trasferimento. Polizia e carabinieri sparsi ovunque, vigili
urbani a dirottare il traffico verso le vie più esterne, mentre un elicottero sorvolava
continuamente la zona compiendo cerchi nell’aria e il rombo assordante delle
pale riempiva le orecchie e il cuore. Anche lui ristretto. Davanti a me un
pugno di persone rivolgeva grida di saluto a facce lontane e paia di mani
aggrappate alle sbarre delle finestre: “Ciao Michele, a presto! Ciao”. Voci lanciate a piccole figure drammatiche, già più distanti.
Sarà che l’aria era piena di suoni irreali,
sarà che quei saluti mi hanno toccato il cuore, sarà che ogni domenica i
piccoli racconti di vita quotidiana gridati da un costone all’altro della
collina erano diventati parte del sacrificio della messa: “Come stai?” “Io bene!”
“E il bambino come sta? A scuola?”, mentre un coro di fedeli, dentro la chiesa,
accompagnava lo scambio di notizie familiari con il Padre Nostro.
Ma ora quel Padre Nostro sarà un po’ più spoglio, senza
quelle voci a ricordarci che prima di chiedere perdono dei nostri errori è bene ricordarsi
di perdonare quelli altrui.