Non ricordo bene quando, ma ad un certo punto ho avuto la
certezza che gran parte degli accadimenti della mia vita, in particolare quelle
situazioni che sbrigativamente definiamo “coincidenze”, erano stati in realtà veri
e propri appuntamenti di preparazione all’unico, grande appuntamento della
vita: l’incontro con Te, Gesù.
E’ impossibile descrivere questo viaggio dello spirito, questo
senso di meraviglia che ti compenetra e ti trasforma poco per volta, quasi a
tua insaputa, in una persona nuova.
O forse è più corretto dire, molto più semplicemente, che ci
restituisce quel senso di Grazia e Bellezza della prima infanzia.
A volte mi sento come una bambina, una bambina adulta che un
giorno ha finalmente deciso di aprire davvero la porta del cuore e si è trovata
di colpo davanti ad un tesoro di delizie mai immaginate prima e solo vagamente
percepite nei momenti di maggiore ispirazione.
La consapevolezza di questa nuova vita, la gioia di cui mi
riveste e la pace con la quale mi difende come scudo, non eliminano le insidie e
le prove disseminate lungo il cammino. Semplicemente, le rendono sopportabili.
Piccole o grandi che siano. Capisci che Qualcuno ti sostiene e cammina al tuo
fianco. Solo che tu lo voglia.
Il vero Cireneo sei Tu, Gesù.
Sapevi, vero, che risuscitare il tuo amico Lazzaro, avrebbe
comportato la tua condanna a morte? Che questo gesto di amore fraterno avrebbe definitivamente
legittimato i tuoi nemici nel decretare che ormai non c’era più tempo da
perdere e che bisognava eliminarti per evitare che crescesse troppo la tua
credibilità davanti a tutti?
Si, molto meglio eliminare qualunque segno di miracolo,
qualunque segno che potesse anche solo far insinuare l’ombra di un dubbio nella
supremazia umana rispetto al divino. Meglio cancellarne ogni traccia. Meglio
eliminare Dio stesso. Anche oggi. Anzi, oggi più che mai.
Mi viene in mente una richiesta insolita che una mattina, appena entrata al posto di lavoro, un collega preoccupato
del mio futuro mi aveva rivolto, lasciandomi letteralmente senza parole per
alcuni istanti: “Sai, ora che stai cambiando ufficio, sarebbe meglio lasciare
perdere quel crocifisso… Non piace a qualcuno che conta… magari tienilo nel
cassetto, ma non appenderlo al muro.”
Un consiglio da amico. Che ho tralasciato di seguire.
Via il Crocifisso. Già, via all’unico vero specchio. Troppo
scomodo. Via al dolore osceno dell’Innocente. Osceno, perché ci inchioda alle
nostre mancanze.
Le nostre miserie ci condannano, appese ai muri delle
scuole. Le assenze urlano più forte da quelle mani bucate e sanguinanti che dai
registri dei professori. Ma gli occhi dei nostri bimbi devono riposare sull’immagine
del successo, non sull’icona del fallimento.
Via il Crocifisso dalle aule dei tribunali, dove il Suo
sguardo morente abbraccia di misericordia scritte bugiarde che inneggiano a una
giustizia uguale per tutti.
Via il Crocifisso dai posti di lavoro. Il tempo è denaro,
l’attività non va interrotta e disturbata da quegli occhi che, solo a fissarli
un attimo, ci potrebbero carpire un’emozione involontaria di pietà. Non è
tempo, non è il luogo. Non va bene.
Via ogni barlume di responsabilità verso l’altro, verso il
più debole, l’altro che si carica ogni giorno sulle spalle le conseguenze del
nostro egoismo. E che ogni giorno si accascia e muore sotto il peso
dell’indifferenza. La nostra.
Via ogni Crocifisso malato senza speranza, inchiodato su un
letto e pronto a partire per l’altrove, come piuma a cavallo di un soffio. Via
ai Crocifissi che si infrangono sulle nostre belle coste dentro barconi
arrugginiti, ricchi solo di sogni e di speranza.
Via ogni Crocifisso senza fissa dimora, quelli che non puoi
neppure appendere ai muri, perché un muro non ce l’hanno. Ma hanno la
sfrontatezza di circolare per strada coi loro abiti sporchi, con la vita chiusa
dentro poche buste e quello sguardo penetrante che ti inchioda. Via anche loro.
Via i Crocifissi invisibili che dimorano in grembi inospitali,
tanto inospitali che troppo presto, da nidi accoglienti, si trasformano in gelide
tombe di carne. Perché morte e vita, a volte, si incontrano nello spazio di un
istante. Piccoli Crocifissi tanto poveri da non avere neppure un nome.
Ma Tu sei il Signore, così Signore che ci conservi la gioia
di credere che anche noi, pur così fragili e miseri, possiamo aiutarti. E nel
segreto del cuore, nel tempio sacro dove solo Tu hai accesso, un piccolo
Crocifisso di carne si imprime nel cuore. Da qui, nessun uomo potrà più
scalzarlo.
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